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◄POESIE & RACCONTI - NIKI 707: racconto a puntate: Filippo e jennifer
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Respuesta  Mensaje 1 de 35 en el tema 
De: niki707  (Mensaje original) Enviado: 17/12/2010 09:39
niki707 ha eliminado este mensaje


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Respuesta  Mensaje 6 de 35 en el tema 
De: niki707 Enviado: 21/12/2010 18:29

seconda puntata Filippo e jennifer

Sul ponte della nave era festa come alla fiera, solo che ci trovavamo, sulla superficie dell'acqua e cioè il mare, che filippo, non conosceva prima, se non per sentito dire, dai pochi discorsi ventilati qui e là in paese durante gli incontri in bottega, o in piazza, fu così che si trovò in mezzo al mare e che mare, tutto mare, cielo -cielo e mare, ma come accade spesso alle prime mosse della vita, il suo obiettivo era chiaro, limpido davanti a se, l'america. Fino a quel momento il mare era per lui una parte di cielo posata in terra in attesa che fosse utile in cielo, invece ora sentiva il suo canto dolce e pieno di nuove allettanti prospettive per il suo futuro, l'odore della salsedine che la nave con i motori al massimo emanava nell'aria, lo stordirono, tutto era nuova, ogni cosa, persona oggetti, tutto era come nei sogni ad occhi aperti, che spesso alla sua età si fanno. Per cui la nave sembrava andasse a passo di una lumaca.

Mai però che si fosse voltato verso la sua Sicilia amara e avara con i

i suoi figli, che a flotte partivano, in tutte le direzioni allora consentite

L’arrivo a New jork. Capitolo 2) 16/09/2000.

Quando si erano quasi perse le speranze di sbarcare, ecco che le nuvole sopra le città si erano allineate per darci il loro benvenuto in america. La statua della libertà, che vigilava nella baia ci rese più allegri, convinti che fosse un angolo di quel paradiso, che avevamo già in testa e non solo.

Dopo le nuvole man mano ci si avvicinava un’immensa statua a fare la guardia al porto sembrò volesse darci il benvenuto, e quella corona in testa gli dava un senso di potenza.

.

A Messina, la città degli emigranti, allagata...dalle lacrime dei vari parenti che ogni giorno si accalcavano sulle panchine del porto, più partenze, che di, arrivi, bastimenti stracarichi d’uomini e merci delle varie destinazioni, con la mitica (valigia) di cartone, un pezzo di pane in tasca, partivano per ogni dove in cerca di un futuro migliore.

Un gruppo di ragazzi sulla nave salutava, i rispettivi parenti che avevano

accompagnato i prossimi partenti, Filippo, volse lo sguardo alla sua isola che gli aveva dato i natali, volse lo sguardo ai parenti con gli occhi lucidi, ignaro del motivo, essendo troppo giovane per emigrare, davanti alla nave, maestosa la statua della madonna che aveva il compito di proteggere i marinai e naviganti, che dominavano il mare ionio immenso e azzurro da far paura a chiunque. Filippo, con i suoi isolani siculi stavano sul ponte, euforici e nello stesso tempo tristi, a lasciare tanta selvaggia e amata bellezza. La statua si era quasi nascosta dalla vista dell'orizzonte che, solo filippo, era rimasto sul ponte ad ammirare quello

che anni prima aveva letto sui libri di scuola. Il cielo incollato al mare

azzurro turchino, forse dalla profondità, gli fece paura e scappò anche lui

in cabina, anche il sole stanco di far luce sparì dalla distesa di mare che

gli veniva incontro. Filippo ripensò, a Messina città di dolore, e alle sue

allegre scorribande dei suoi coetanei, lasciati poveri e felici.

Ed alle tiepide mattinate di primavera, passate in paese, sognando il mare,

infatti, il suo paesino posto, in una vallata nascosto dal mare e dalla sua

 vista (difesa naturale contro i pirati) era come un guscio protetto ma che

ora isolava il paese dal circondario.

Non vi dico la meraviglia, quando dall'autobus vide quella pianura infinita, d’acqua, che prima aveva solo immaginato, molte volte, nella sua mente di scolaro, ma la realtà lo stupì, al punto da credere che il cielo era caduto, secondo un detto popolare;come disse zio Ciccio;  è il cielo in terra,diceva, serio.

fine seconda puntata.

un grazie a tutti voi, augurandovi buone feste! 


Respuesta  Mensaje 7 de 35 en el tema 
De: Acquario Enviado: 21/12/2010 22:31
Grazie Amico Niki,  mi piace questo tuo racconto, spero ci farai leggere il seguito al più presto.
Felici festività natalizie anche per te
_A_
 

Respuesta  Mensaje 8 de 35 en el tema 
De: Mariasole Enviado: 22/12/2010 06:26
G*r*a*z*i*e!!




Respuesta  Mensaje 9 de 35 en el tema 
De: Nando1 Enviado: 22/12/2010 15:00
Bravo Niki, che  condividi con noi il tuo ultimo romanzo
Grazie degli auguri, che ricambio per te
 
Nando

Respuesta  Mensaje 10 de 35 en el tema 
De: niki707 Enviado: 09/01/2011 11:18

terza puntata

il. viaggio.

 
 

Filippo cercò di immaginare il nuovo mondo che lo aspettava, per non pensare alla tensione del viaggio, dopo una settimana, il panorama era lo stesso, mare, cielo, sole e la  luna, buio, era stanco di non vedere un bel monte, un albero, un fico d'india. Fissò così lo sguardo alla prua della nave e passava la sua giornata sul ponte, come Ulisse nell'attesa della terra promessa.

La brezza marina lo portò in Sicilia quando nell’attesa d’imbarco, seduto sul molo scrutava la città di Messina, vicina ma per lui sconosciuta e bella con palazzi appena sorti, dopo il grande e spaventoso terremoto del 1908, che la aveva messo in ginocchio. Il vento della sera regalava odori di gelsomino.

Zagare e ginestre, anche il mare sembrò volesse dirgli: non sai cosa lasci,

e parlò più forte con rabbia picchiando degli scogli, emanando dalle onde, quel vapore di salmastro che per lui era nuovo. Poi la sirena scosse i profondi pensieri, svegliato vide che il mare si muoveva e capì che stavano partendo verso il benessere e la felicità, stavano per conoscere un mondo nuovo, più nuovo di Messina. Intanto sulla nave aveva fatto amicizia con un ragazzo come lui, che andava nella stessa città, così s’infondevano coraggio fra loro, anche se lui era di una città più (furba) parole sue, vicina, Palermo, perciò si sentiva più esperto di vita, inoltre per la sua calata dialettale, faceva spesso ridere i presenti, portando allegria a tutti, di cuore e pignolo si sentiva quel non sa che di nobile nelle sue azioni. Facendosi perdonare il (dialetto) stretto di Palermo, Francesco sulla nave si promise di difendere la mia pura innocenza, prendendo le mie difese più che per me che per lui stesso, doveva dimostrare di valere qualcosa.

Nonostante questo, il viaggio non finiva mai, in breve fu stanco di mare, anche se lo avevo appena conosciuto, volevo sentire i piedi per terra, e le sue amiche vibrazioni, la nebbia rendeva più triste il nostro morale che cominciava a fare buchi da tutte le parti. Cioè, cielo, mare, mare cielo, si salvava solo la musica che veniva dalle sale della nave, dove molti si sfogavano, per passare il tempo, divertendosi. Il viaggio, la nebbia era calata sul mare, e senza riferimenti mi ero sentito perso, poi un colore rosso all'orizzonte, ad ovest mi fece capire che era sera, ci fu detto che all'indomani saremmo arrivati, credo che lo dicesse per farsi coraggio.

Con la nebbia che non ci aveva più abbandonati sul tardo pomeriggio, una e

poi un'altra, le navi ci passarono accanto, grandissime e bellissime, mentre s'intravedeva la costa, e le sue isole, adagiate sul mare, man mano che il tempo passava la terra era più nitida, il gran porto, un via vai di tutte le dimensioni, e colori diversi, non posso descrivere quello che la mente stava pensando in quei momenti, ma di certo quelle immagini mi sono rimasti impressi nella mente, era troppo anche per me, quello che avevo visto in america, succedeva il contrario dell'Italia tutto e tutti andavano di fretta, ogni persona, ogni individuo sapeva dove andare, e in fretta, mentre in Sicilia tutto era immobile da millenni, in america sembrava un formicaio, appena pestato da un contadino distratto.

Furono i parenti di Francesco, a trovarmi il lavoro dopo che l'ufficio dava

l'OK, franco, così lo chiamavo io, era atteso dai suoi fratelli, quindi ci

assicurarono che se stavamo insieme era meglio per tutti, (sinnò chistu, si perdi) cosa che notai subito, in america, sembrava la nostra Sicilia. Ovunque c'era gente come me o peggio, però dopo un po' sparivano chi di qua chi di là.

 
fine terza puntata

Respuesta  Mensaje 11 de 35 en el tema 
De: Serenella Enviado: 09/01/2011 16:28
Ciao Niki,
ho letto con piacere anche questa puntata del tuo romanzo e mi incuriosisce conoscere il seguito...
Grazie per aver condiviso con noi questo tuo scritto e spero di leggerti ancora al più presto.
Ti faccio anche io gli auguri per un nuovo e sereno 2011
Serenella
 

Respuesta  Mensaje 12 de 35 en el tema 
De: niki707 Enviado: 19/01/2011 16:29

inizio quarta puntata

Il lavoro che ci avevano trovato era dubbio, ma si guadagnava abbastanza bene portavamo birre e alcoliche nei locali che i grandi c’indicarono, il nostro percorso da fare tutti i giorni. Tom Waime era il nostro capo, un americano che la sua specialità, era riconosciuta da tutti, (il vendicativo) e chi si era indebitato con lui, era costretto a pagare, altrimenti morivi.

Si diceva di lui cose orrende, prestava soldi solo sul sicuro, era capace di far morire di fame la gente, che prestare a rischio...

Sposato con due figli un maschio e una femmina di nome Jennifer, mentre lui

sì chiamava, karl, e quasi della mia età (cioè 19 anni).

Il padre di gennifer e karl, sui 50 anni la moglie una santa e umile donna,

e gli rimproverava la sua crudeltà pur avendone paura.

   

Sei, mesi dopo mi chiamavo Philip, e franco si era veramente (americanizzato) più di me.

Anche se io lo chiamavo sempre Palermo anche se solo quando eravamo soli, lui si era imposto il nome di: Francesco, anche al cinema andavamo insieme, e ballare al bar, insomma la gente del posto, ci chiamava i (gemelli) scoprimmo anche le donne insieme ai bordelli, e poi le bische e via di questo passo. Anche la camera insieme, serviva solo per dormire, in più si risparmiava qualche dollaro, fuori andavamo a panini e focacce fatte naturalmente da emigrati italiani, certo che non riuscivo a dimenticare, pane di grano e il vino profumato e generoso del mio paese.

il nostro boss ci chiamò in ufficio, e ci ordinò di portare delle casse a casa sua, il tirapiedi nek ci accompagnò, alla villa del capo, sputando consigli e raccomandazioni, comportamentali ed

di rispetto da non sottovalutare per via del carattere dispotico di tom: così disse nek, e quello che

lui diceva erano ordini e non consigli come farci credere.

la casa, o villa era situata in periferia, recintata e con molto verde attorno, di stile vittoriano da

poveri arricchiti, vanto d’arroganza per i deboli come noi di broccolino.

Il camion s’inoltrò nella villa, diretto verso il magazzino immenso, al lato sinistro della villa, dove una siepe alta camuffava l’orrore di quel capannone, pino zeppo di merce, "scottante" e di dubbia,

provenienza. l’enorme saracinesca si abbassò velocemente dietro di noi, e due scaricatori, erano li a controllare le nostre facce, uno di loro disse, aspettate qui, che ora viene la padroncina.

Presentazione.

Scese da una scaletta di servizio, e ci venne incontro con garbo e gentilezza, dicendo, è la figlia del padrone, possono farmi un favore ? mi portate quelle casse di sopra? Anche se avrebbe potuto nel suo caso, ordinarci di farlo, lei lo fece con umiltà e con un sorriso di cortesia che fino a poche ore prima non avrei pensato che capitasse scese dalla scala di servizio interna al magazzino con la borsa in mano, dicendo, vi manda papà ? venite vorrei un favore da voi, quelle casse li potreste portarle di sopra?

Domani diamo una festa per gli amici e servono delle scorte, in cucina.

Sì certo disse, Francesco, precedendomi come sempre, notai che aveva circa la nostra età, fisico esile e asciutti, capelli neri come il buio, in lei dominava oltre agli occhioni grandi e neri profondi, una lunga, e luccicante treccia, che mi colpì, e pensai a come avrebbe potuto portarsela dietro, ma non era tutto, il gonnellino scozzese con la bianca camicetta di raso, dimostrava la sua nobiltà di animo, l’opposto del padre che mi metteva terrore al solo sentire, la sua voce d’orso, inferocito.

 

Casa sua.

A venti anni era maturo, io n’avevo diciotto e un po’ meno, non riuscivo

più a stare un giorno senza vederla, che ricambiato, lei felice allegra che

mandava messaggi nascosti ogni giorno, sia nelle cassette sia sapeva, toccare a me trasportare, e anche per gioco, una volta le dissi io: non mandarmi tutti quei biglietti, se ne finisce uno in mani sbagliate, il sai cosa succede, l'orso bruno, che ...era suo padre ci avrebbe uccisi, lei
fine quarta puntata

Respuesta  Mensaje 13 de 35 en el tema 
De: Nando1 Enviado: 21/01/2011 07:56

Ti leggo sempre con piacere...Grazie della partecipazione!

Ciao Nando

Respuesta  Mensaje 14 de 35 en el tema 
De: niki707 Enviado: 29/01/2011 08:57

Inizio 5 puntata

lei seria; allora non mi ami abbastanza Filippo, sei un vigliacco, non mi meriti, vai via! vai, vai.

Il mio cuore ferito a morte si voleva liberare del corpo troppo esitante,

e vigliacco che n’era prigioniero, ma poi vinse la ragione che spiegò come

le donne siano strane e complesse agli occhi di noi deboli uomini normali,

e se gennifer, amava me, ero certo che amava per quello che ero e non quello che i suoi sogni le indicavano, tipi eroici avventurieri, che non hanno mai paura, ed io gli spiegavo che erano solo dei film e sogni di un uomo (vedi i registi ma non riuscivo a convincerla di questo, tanto sapevo che, dopo un po’ le passava tutto e lanciava bigliettini a destra e manca, rischiando di perdermi per sempre, infatti (l'orso bruno) ancora della nostra storia non né non sapeva niente, e mi sembrò strano visto che i suoi scagnozzi (operai) già ne parlavano, in magazzino, forse conoscendo il tipo cercavano di evitare una tragedia, in ditta, anche se era cosa privata.

L’amore è cieco si, ma gli orsi hanno un buon odorato, perciò sul lavoro che ormai, ero molto apprezzato, ora mi sentivo pesanti sguardi sulle spalle, appena incrociavo un compagno di lavoro mi sentivo escluso, così escluso che neanche Francesco, mi parlò in pubblico, ma a casa si comportò da amico, dicendo quello che già sapevo, in aggiunta al fatto che ero in pericolo, e che dovevo stare attento a come andavo in giro.

Ha saputo che te la spassi con la sua pupilla, e siccome per lei stravede, e gli serve anche per la sua carriera futura, pensa che ha già il marito

Su misura per lei, povera Jennifer.

Orso bruno.

Come ogni settimana, orso bruno ci chiamò per la paga, davanti al suo ufficio, questa volta era diverso, dopo la paga, tu aspetta fuori dovrei dirti una cosa, quando mi chiamò, Francesco, m’infuse coraggio con lo sguardo, entrai con la coda di paglia, un pulcino era più sicuro di me, in quel momento. Un operaio che era appena uscito dall'ufficio, mi disse in un certo modo: vai, ti aspetta...l'uscio socchiuso, una mano tremante, entrai, il capo con le mani stava scartando un sigaro, staccò la mano dal suo cimelio per indicarmi la sedia, ma la mia tensione, seduto che fui, si scaricò sulla sedia scomoda, pensai che ci fossero delle molle, ma ero io, Filippo, dunque sai che io ti voglio bene, perciò sarò sincero con te, ero solo davanti a lui, ma non avevo paura, anzi, il suo modo da orso che avevo notato, mi fece andare con la mente lontano dalla sua figliola, bella e lineamenti dolci, mentre quell'uomo che stava davanti non poteva essere il genitore di Jennifer, tondo grasso, sporco la barba copriva tutto il viso, gli occhi, crudeli profondi e neri come la notte, la bocca, piccola e tonda, come il (l'ano) di un maiale, screpolati, denti piccoli e neri dal tabacco, orecchie a sventola, staccate dalla testa, e tonde anche quelle, mani tozze corte a pelle di ranocchio. Vestito di solito di nero, devo dire, che non mi fu difficile appioppargli un mio nomignolo, abituale, infatti, non avendo troppa memoria, per ricordare le persone gli imponevo il mio nome di identificazione. così tornai con la mente in ufficio, allora ho sentito dire che ti hanno visto con mia figlia a fare il cretino, è vero?gli occhi che avevo davanti a me sembrava volessero bucarmi, intimorito risposi quasi subito poi si calmò, e continuò agitato con anche le mani, questa è la prima e spero l'ultima che vai con mia figlia d'accordo? ci siamo capiti!

Ricordati che se ti rivedo, oppure solo sentirlo, ti faccio passare un brutto quarto d'ora, intesi?non ho niente contro di te, ma per Jennifer, ho
fine 5 puntata

Respuesta  Mensaje 15 de 35 en el tema 
De: Marika Enviado: 01/02/2011 06:43
Grazie Niki, per condividere con noi questo tuo racconto!
Ti leggo sempre con piacere...




Un abbraccio 
Marika

Respuesta  Mensaje 16 de 35 en el tema 
De: niki707 Enviado: 01/02/2011 13:14
smacchete marica

Respuesta  Mensaje 17 de 35 en el tema 
De: Serenella Enviado: 04/02/2011 10:28

Respuesta  Mensaje 18 de 35 en el tema 
De: Lelina Enviado: 06/02/2011 13:38
Niki grazie per condividere il tuo romanzo con noi...
 
Ti leggo con vero piacere!
 
Lely

Respuesta  Mensaje 19 de 35 en el tema 
De: niki707 Enviado: 14/02/2011 09:47

inizio sesta puntata

Ricordati che se ti rivedo, oppure solo sentirlo, ti faccio passare un brutto quarto d'ora, intesi?non ho niente contro di te, ma per Jennifer, ho altri progetti, e tu non ci sei, hai capito, brutto italiano di cacca!

non so come aveva fatto a tenersi a menarmi, ma era furioso per davvero.

 

Orso bruno.

L’orso mi pagò, poi fece uscire il mio amico Francesco, borbottando che aveva una cosa importante da dirmi, aprì una scatola di sigari giganti n’accese uno senza spuntarlo, come faceva sempre, soffiò minaccioso sull’accendino d'oro, col soffio della piccola bocca, che serrò all'improvviso, alterandosi e col dito indice puntò io alzandosi dalla scrivania, senti, moccioso ho saputo che fili con la mia jennifer, è vero? Sissignore, risposi facendomi piccolo per via del tono della sua voce lo sai cosa sogno per mia figlia? che cosa puoi dargli tu dieci dollari,

cento, oppure mille?.. sai, pezzente di un italiano che il futuro di

Jennifer è in mezzo ai milionari? Lo sai che non sei tu il suo futuro, perciò spero di essere stato chiaro, moccioso! che sposerà un milionario di questa città e che non sei tu, per questa volta non ti faccio niente, però tu devi dimenticarti quel nome che sai, e non lo devi più pronunciare, capito? Ed ora prendi i dollari sul tavolo e vai a casa, e spero di essere stato

chiaro? vai !

Jennifer, ancora non ne sapeva nulla, e quando arrivò a casa nella buca delle lettere, il solito messaggio, lo ignorai come altri, nei giorni che seguirono ma, lei ignara, dava per scontato che avevo un'altra ragazza, pensavo come mai il padre non le aveva detto la verità, forse non voleva farla soffrire, dopo tutto anche lei era giovane come me, anzi un anno meno appena 15 anni e da finire, quindi pensai che forse aveva ragione il padre, così sordo ai suoi continui richiami, col mio fisico a pezzi, il cuore schiacciato dal dolore per la sua mancanza, che anche Francesco unico amico che mi era rimasto sul lavoro mi portò una bella notizia, senti non c'e la faccio a vederti più così, devi andare a questo appuntamento, mi passò una busta piccola chiusa, e disse: stai attento, Jennifer ti vuol vedere per sapere il perchè, l'hai lasciata.

Presi il biglietto come una reliquia, e corsi a casa per leggerlo, e chissà, cosa mi aspettavo di leggere sopra, se non quello che temevo per tutta la notte, mi rigirai nel letto, a pensare se era il caso di non

andare da Jennifer, ma non sapevo decidermi sul da fare. Amare, Jennifer era per me tutto quello che avevo, ma il cervello ancora sano, non mi dava l'OK per vari motivi, e tutti validi e importanti, si trattava insomma della mia vita, del mio futuro, che ora incerto più che mai, mi faceva paura, inoltre, amavo pazzamente gennifer, e non mi vedevo senza di lei.

Cercavo di dormire, ma niente, il problema era sempre lì come lo avevo prima lasciato, tale e quale, ogni volta che chiudevo gli occhi, vedevo lei allegra raggiante, solare bellissima. si fece quasi l'alba senza prendere sonno, così su due piedi decisi che dovevo risolvere questo pasticcio, andai nel bagno a casa, per vedere allo specchio se ero io quello che aveva questi problemi il viso tirato di chi non dorme la notte, era davanti a me, gli parlai come a me stesso e lui capì, che doveva farlo, era mio dovere, andare a trovare per l'ultima volta il mio amore, anche se solo per salutarla, tornai a letto per riuscire a fare almeno un'ora di sonno e la stanchezza vinse, al mattino dopo sapevo che l'appuntamento era per le nove, passai prima dal bar e per infondermi coraggio"feci fuori" con rabbia due martini, poi con un certo calore addosso, a piedi diretto deciso a dirle come stavano le cose in faccia passai dietro la casa come il solito, guardandomi attorno. Ma non c'era nessuno entrai dopo il suono al cancello di servizio, mi disse entra vieni, fine sesta puntata


Respuesta  Mensaje 20 de 35 en el tema 
De: Acquario Enviado: 14/02/2011 23:15
E bravo Niki, che ci fai leggere ancora nuove puntate del tuo romanzo, che sto seguendo con interesse.
Spero ci farai leggere al più presto altre pagine
un caro saluto e complimenti
_A_


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