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Respuesta  Mensaje 1 de 3 en el tema 
De: Nando1  (Mensaje original) Enviado: 10/12/2011 07:19
 

Gli struffoli sono dolci tipici del Natale e li ho sempre mangiati insieme al panettone.

Io preferisco farli al forno perché sono meno unti più digeribili e soprattutto più veloci da preparare, la ricetta originale prevede che siano fritti .

  • Ingredienti
    400 gr. di farina 00
    4 uova di gallina
    4 cucchiani di zucchero
    4 cucchiaini di olio extra vergine
    4 cucchiani di grappa (quella che preferite)
    2 bustine di lievito
    200-300 gr. di miele, io uso il castagno che però è leggermente amaro
    pezzetti di mandorle

Li Preparate così: 

Unite tutti gli ingredieti insieme in una ciotola, io se non ricordo male mischio prima l’uovo e lo zucchero poi la grappa e l’olio quindi aggiungo il lievito e per ultima la farina .

Quando l’impasto sarà ben liscio e non si attaccherà più alle mani formate con le mani dei  cilindretti/vermicelli come si faceva da bambini con il pongo. Tagliate il vermicello di pasta in  tocchetti di 1cm.

Lasciate riposare una decina di minuti in una terrina foderata con carta forno.

Accendete il forno a 180° e quando sarà ben caldo mettete la terrina con gli struffoli a cottura per circa 10 minuti , devono essere gonfi e dorati.

 Riscaldate leggermente il miele in una padella (non deve bollire assssssolutamente), unite gli struffoli e mescolare per qualche minuto a fuoco spento.

In un bel piatto da portata disponeteli a piramide e aggiungete i pezzi di mandorla, nella ricetta originale si usano dei pallini / tubetti colorati di zucchero e spesso si mettono anche i canditi…………… però a me non piacciono.

Questa ricetta è per un tot di persone, non posso essere precisa, le variabili quando si parla di struffoli sono troppe …..



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Respuesta  Mensaje 2 de 3 en el tema 
De: Sontay Enviado: 10/12/2011 14:26

 

 

 

 
Non pensavo si potessero fare anche in forno...  ottimo suggerimento!
 
 
 
 

Respuesta  Mensaje 3 de 3 en el tema 
De: Marylauretana Enviado: 10/12/2011 14:50

LA STORIA DEGLI STRUFFOLI

 

Gli struffoli sono i dolci più napoletani che ci siano. A pari merito con la sfogliatella e la celebre pastiera, e certo più del babà, di origine polacca. Chi ha inventato gli struffoli? Non i napoletani, nonostante la loro proverbiale creatività. Pare che nel Golfo di Napoli ce li abbiano portati i Greci, al tempo di Partenope. E dal greco deriverebbe il  nome  “struffolo”: precisamente dalla parola  “strongoulos”, arrotondato. Sempre in greco, la parola “pristòs” significa tagliato. Per assonanza, uno “strongoulos pristòs”, cioè una pallina rotonda tagliata: vale a dire lo struffolo, nella Magna Grecia è diventata “strangolapre(ve)te”: il nome che si dà a degli gnocchetti supercompatti, in grado di  “strozzare” gli avidi membri del clero. Poiché la penuria di certezze stimola la fantasia, qualcun altro si è inventato che struffolo derivi da strofinare: il gesto che compie chi lavora la pasta, per arrotolarla  a cilindro prima di tagliarla in palline. C'è anche chi ritiene erroneamente che lo struffolo si chiami così perché “strofina” il palato: nel senso che  lo solletica, per la sua bontà. E chi pensa addirittura, che la radice di struffoli sia da collegare allo strutto (il tipo di grasso con cui anticamente venivano fatti e in cui venivano fritti) Se non è ancora ben  chiaro da quale etimo – né da quale regione - gli struffoli provengano (c’è pure chi li fa nascere in Medio Oriente),  è viceversa chiarissimo dove vanno: prima nelle nostre pance, e poi sui fianchi (se ne abbiamo ingurgitati troppi). Ben noto è anche il loro percorso: gli struffoli si sono spinti in tutta l’Italia Centro-meridionale

Due famosi trattati di cucina del 1600, il Latini e il  Nascia, citano come “strufoli - o anche struffoli -  alla romana” dei dolci preparati alla stessa maniera degli struffoli napoletani. In Umbria e in Abruzzo lo struffolo si chiama cicerchiata, perché le palline di pasta fritta legate col miele hanno la forma di cicerchie: legumi che è meglio non mangiare per via dei loro semi velenosi che possono provocare paralisi e allucinazioni  (in certe zone d’Italia,  “ma che, hai mangiato cicerchie?” equivale a dire “hai le traveggole?”). Quindi, due nomi (struffoli e cicerchiata) per uno stesso dolce. Ma pure  l’opposto: due dolci diversi con lo stesso nome. Struffoli, per l’appunto.

Gli abitanti della Tuscia, regione intorno a Viterbo, chiamano ancora oggi struffoli  quelle frittelle di pasta soffice e leggera che altrove vengono definite “castagnole”, e si mangiano a Carnevale.

Gli struffoli si trovano pure a  Palermo, con qualche piccola ma non sostanziale variante, una delle quali consiste nella perdita di una f (“strufoli”): le Sicilie erano due, ma lo struffolo rimaneva unico.

Nella preparazione degli struffoli molto è lasciato al naso (hanno un bell’aroma),  ma nulla è lasciato al caso. Ciascuna pallina di pasta fritta è  un capolavoro di ingegneria domestica, selezionato in centinaia d’anni di sperimentazione nelle cucine di ogni tipo.

Perché il vero struffolo dev’essere piccolo? Perché così aumenta la superficie di pasta che entra in contatto  col miele, e il sapore ne guadagna. E questo avviene soltanto se si confezionano delle palline di pasta di piccole dimensioni. Il miglior rapporto pasta/miele migliora i rapporti familiari, almeno durante le festività natalizie. Gli struffoli migliorano la qualità della vita.  Lo fanno adesso, e  figuriamoci quanto lo facevano  prima: fino a pochi anni fa la vita media era molto più breve, e in media, molto  più grama. Si mangiava poco e male, fuorché a Natale e alle feste comandate.I bambini, poi! Di merendine, nemmeno l’ombra. L’unica consolazione, per loro (e per tutti gli altri…)  erano i dolci come gli struffoli: che  non fanno male, e non  vanno a male, in quanto  si conservano a lungo. Gli struffoli, come tutti gli evergreen, nella loro sostanziale immutabilità presentano molte varianti: regionali, familiari  e personali. In questo sono un po’ come le polpette: anche se gli ingredienti sono esattamente gli stessi, mangerete tanti struffoli diversi quanti sono le case in cui vi verranno offerti (o le pasticcerie in cui li acquisterete).Vi accorgerete che ciascuno ritiene che i “propri” struffoli siano quelli autentici: quelli della tradizione, tramandati da una nonna, una mamma o – ancora meglio! – da una zia monaca. Quest’ultima, quando c’è, è una garanzia: a Napoli un tempo gli struffoli venivano preparati nei conventi, dalle suore dei vari ordini, e recati in dono a Natale alle famiglie nobili che si erano distinte per atti di carità.

Come accade a tutte le ricette ormai abbondantemente codificate, che sembrano non presentare punti oscuri, gli struffoli sono insidiosi: nascondono infatti molti segreti, spesso custoditi gelosamente.Uno di questi sta nel miele: che dev’essere abbondante. Senza di lui,  un dolce non può definirsi veramente tale. Come simbolo della Dolcezza, il miele è un Mito: i Gemelli Indiani Ashvin, messaggeri degli Dei, mangiano miele nel cielo mattutino, e la Bibbia racconta come  Sansone estraesse dall’interno del leone da lui ucciso un favo d’api e di miele. La cosa lo mise di buon umore, tanto da spingerlo a formulare  un indovinello: “dal divoratore è uscito il cibo, dal forte è uscito il dolce” (Giudici, 14).

Morale: dalla morte nasce la vita. A proposito di nascita, il  corpicino del Bambino Gesù  viene definito “roccia che dà miele”.

Non è quindi un caso che gli struffoli siano un dolce tipicamente natalizio.

Ecco un’altra regola aurea: negli struffoli non esistono elementi accessori. Tutto è importante. Dai canditi ai diavolilli.

Nella ricetta degli struffoli trovano posto arancia e cedro candito, ma la parte del leone (come nella pastiera e nella sfogliatella) la fa la zucca candita: la famosa "cucuzzata". Se non si trova già pronta qui ci sono le istruzioni per farla.



 
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