Pier Giorgio nacque a Torino il 6 aprile del 1901 da una ricca famiglia borghese di stampo liberale: la madre, Adelaide Ametis, era una nota pittrice; il padre, Alfredo Frassati, nel 1895, a poco più di trentasei anni, fondò il quotidiano La Stampa; nel 1913 era il più giovane senatore del Regno e nel 1922 fu ambasciatore d’Italia a Berlino. Insomma i Frassati erano allora una delle tre o quattro famiglie che contavano in quella Torino che si andava trasformando in metropoli ricca di industrie e soggetta a massicce immigrazioni operaie.
La famiglia trasmise a Pier Giorgio soprattutto un sistema di regole e di doveri, sistema che attraverso la madre si riallacciava a una comprensione genericamente cristiana della vita, mentre attraverso il padre si riallacciava a una bontà naturale, priva però di fede. La vita cristiana Pier Giorgio l’assorbì immergendosi spontaneamente e per scelta personale nell’acqua viva che la Chiesa di allora gli offriva: di quella Chiesa, nella quale non mancavano limiti e problemi, egli si sentì " parte ", membro attivo, tralcio attaccato alla vite come dice il Vangelo, in cui sempre scorre buona linfa.
Si resterebbe sorpresi a elencare tutte le "associazioni" a cui Pier Giorgio volle iscriversi, spesso contro il parere dei suoi familiari, partecipandovi poi attivamente e assumendovi responsabilità. I nomi di queste associazioni possono sembrarci oggi desueti e pietistici, ma non devono farci dimenticare che allora essi indicavano i nuclei vivi di una Chiesa in fermento: Apostolato della preghiera, Lega eucaristica, Associazione dei giovani adoratori universitari (con l’impegno dell’adorazione notturna ogni secondo sabato del mese), Congregazione mariana terz’ordine domenicano, e altre ancora. E queste sono soltanto alcune "appartenenze" attraverso le quali egli si educò soprattutto alla preghiera, cioé a possedete un cuore cristiano, una memoria, un desiderio, una "mendicanza" assoluta del suo essere.
«Sei un bigotto?», gli chiese un giorno qualcuno in università (così allora si ingiuriavano i credenti, sia dal versante massonico-liberale, che da quello fascista, che da quello social-comunista). «No», rispose Pier Giorgio rispondendo con bontà, ma con altrettanta fermezza, «No, io sono ‘rimasto’ cristiano!».
Pier Giorgio si dedicò costantemente al "volontariato della carità", immergendosi nella più viva tradizione dei santi sociali della sua terra (Don Bosco, il Cottolengo, Faà di Bruno, Murialdo, Orione).
Ecco un bozzetto delineato da G. Lazzati, per commemorate il 50° anniversario della nascita di Pier Giorgio:
«(...) gli uomini, a partire dai suoi parenti, vedevano (vedranno) questo giovane, a cui nulla sembrava mancare per essere campione di mondanità, (...) trascinare per le vie di Torino carretti pieni di masserizie dei poveri in cerca di casa, e passare sudato sotto il carico di grossi pacchi anche male confezionati, ed entrare nelle case più squallide dove spesso miseria e vizio si danno la mano, sotto gli occhi ipocritamente scandalizzati di un mondo che nulla fa per aiutarli ad uscirne; e farsi, con sorprendente umiltà, lui, il figlio dell’ambasciatore d’Italia a Berlino, lui il figlio del senatore, questuante per i suoi poveri, e per essi ridursi al verde così da rincasare fuori orario per non avere neppure i pochi centesimi che gli bastino per il tram…»
La sorella Luciana ha rivelato che a casa Pier Giorgio passava per uno sciocco e lo tenevano piuttosto a corto di quattrini: per poter dare agli altri, egli doveva spesso privarsi non del superfluo ma del necessario.
Che cosa facesse per le numerose famiglie povere di cui si curava come membro della Società di San Vincenzo De Paoli, risulta da mille episodi pieni di carità e da mille testimonianze riconoscenti.
Non era d’altra parte, la sua, una carità ottusa: «dare è bello - diceva -, ma ancor più bello è mettere i poveri in condizione di lavorare». Sapeva bene che la carità era anzitutto una questione di giustizia sociale.
Un amico racconta che un giorno Pier Giorgio cercò di convincerlo a far parte della Società di San Vincenzo De Paoli. Alla mia difficoltà che non mi sentivo il coraggio di entrare nelle case sporche e puzzolenti dei poveri, dove potevo prendere qualche malattia, egli con tutta semplicità mi rispose che visitare i poveri era visitare Gesù Cristo.
Pier Giorgio, ben presto, si ammalò nella maniera più terribile: poliomielite fulminante, che lo distrusse in una settimana.
I funerali furono un accorrere di amici e soprattutto di poveri; i primi a restare allibiti, al vederlo tanto amato e tanto noto, furono i suoi stessi familiari che per la prima volta capivano dove Pier Giorgio avesse veramente abitato nei suoi pochi anni di vita, nonostante avesse una casa confortevole e ricca nella quale arrivava sempre in ritardo.
Venerdì 23 ottobre 1987, alla presenza di Giovanni Paolo II, sono state riconosciute, con la promulgazione di uno speciale decreto, le virtù eroiche del Venerabile Pier Giorgio Frassati. Il 21 dicembre 1989, un decreto ha riconosciuto ufficialmente un miracolo dovuto all'intercessione di Pier Giorgio Frassati: la guarigione del friulano Domenico Sellari dal morbo di Pott, avvenuta nel 1933. Pier Giorgio Frassati è stato solennemente proclamato Beato il 20 maggio 1990 da S.S. Giovanni Paolo II, la sua festa si può celebrare ogni anno nel giorno della sua nascita al cielo, il 4 luglio.