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| De: Nando1 (message original) |
Envoyé: 04/11/2013 16:28 |
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IL LEONE E IL TOPO
Da Esopo Una volta, mentre il leone stava dormendo, un topolino comincio' a passeggiare avanti e indietro su di lui. Il leone si sveglio', mise la sua grossa zampa sopra il topolino e apri' le fauci per inghiottirlo. "Perdono, maesta' - grido' il topolino - lasciami andare, non lo dimentichero' mai e forse un giorno potrei ricambiarti il favore". Il leone sorrise a quelle parole, ma alzo' la zampa e lo lascio' libero. Qualche tempo dopo, successe che il leone fu preso in una trappola e i cacciatori, che volevano portarlo vivo al loro re, lo legarono ad un albero e si allontanarono per andare a cercare un mezzo adatto dove caricarlo. In quel momento passo' di li' il nostro topolino. Vide subito in quale guaio era finito il leone, si avvicino' e rosicchio' con i suoi dentini aguzzi la corda che teneva prigioniero il re degli animali. "Non avevo ragione? - esclamo' - Piccoli amici possono essere grandi amici".
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IL CONTADINO E I PANTALONI LUNGHI
 C'era una volta un marito che disse alla moglie: "Vado a comprarmi i pantaloni". Arrivato al negozio, ne provo' un paio: erano troppo lunghi, ma glieli tirarono su e gli dissero: "Questi vanno bene". Tornato a casa, li indosso' e si accorse che ne avanzava un bel pezzo. Chiese alla moglie di accorciarli ma lei ribatte': "Te lo avevo detto che te li avrebbero dati come non dovevano essere. Non dovevi comprarli". Allora ando' dalla mamma, ma questa rifiuto' e cosi' pure la sorella. Cosi' l'uomo torno' a casa, poso' i pantaloni e ando' a fare una passeggiata nel bosco. La moglie nel frattempo aveva cambiato idea e taglio' quattro dita di stoffa dai calzoni. Poi, usci' di casa per andare a fare la spesa. Poco dopo arrivo' la mamma del contadino e disse: "Se non glieli taglia nessuno, lo faro' io" e via altre quattro dita. La sorella penso' la stessa cosa e siccome in casa non c'era ancora nessuno, fece la sua parte. Quando il contadino arrivo' a mettersi i pantaloni, erano ormai diventati dei bermuda.

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COME VENNE LA PIOGGIA (Racconto Bantu') Quando il mondo fu creato, la pioggia non esisteva. Gli animali erano preoccupati e si riunirono a gruppi per invocare la pioggia lanciando le loro voci verso il cielo. Prima provarono gli elefanti, coi loro barriti, poi gli ippopotami e poi i leoni, ma la pioggia non arrivava. Poi tocco' alle giraffe, e agli animali piu' piccoli: i fenicotteri, i conigli e i topi. Ancora niente. Per ultime toccava alle rane. Tutti gli animali le implorarono di gridare verso il cielo il loro bisogno di acqua. Le rane non aspettavano altro per mettersi a gracidare e cosi' presero a cantare tutte insieme e il loro grido era talmente assordante e sgradevole che il cielo si stanco' di sentirlo e si copri' di nubi per attutire quel suono. Ma fu inutile: il gracidio penetrava attraverso la cortina di nubi e cosi' il cielo penso' di affogare le rane per farle smettere una volta per tutte. Mando' giu' tanta di quella pioggia che le rane finalmente tacquero contente. E da allora si credono padrone dell'acqua, perche' furono loro a far piovere, e vivono in ogni stagno nella melma, e continuano a gracidare per chiedere la pioggia.

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IL CAGNOLINO SENZA BIGLIETTO
C'era una volta una signora che voleva far viaggiare senza biglietto il suo cagnolino, ma arrivo' il controllore e le disse: "Cara signora, deve pagare anche l'altro biglietto". E lei di rimando: "Ma e' cosi' piccolo, io non pago". Dopo una animata discussione nella quale la signora e il controllore portavano le loro ragioni, per forza contrastanti, il controllore approfitto' del fatto che il treno stava rallentando per afferrare il cagnolino per la collottola e sporgerlo fuori dal finestrino, lasciandolo lentamente cadere nel vuoto. La signora era disperata e chiedeva conforto agli altri passeggeri. C'era chi le dava ragione e chi le suggeriva di rivolgersi alla "Protezione degli animali". Il controllore era ormai pentito di quello che aveva fatto e si stava allontanando dallo scompartimento quando la signora, molto infuriata, gli strappo' dalle mani la pipa e la scaravento' fuori del treno. Alla stazione successiva scesero tutti i due inferociti: lui per l'affronto fatto alla pipa, lei per l'offesa al cane. Non ebbero il tempo di scambiarsi altre parole perche' comincio' un battimani dei compagni di viaggio: stava arrivando il cagnolino con la pipa del controllore in bocca. Poco manco' che i due contendenti si abbracciassero. E tutto fini' per il meglio.
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De: Ver@ |
Envoyé: 08/11/2013 16:37 |
LA STORIA DI UNA GOCCIA D'ACQUA
Di certo non conosci la storia della goccia d'acqua, che trema sulla corolla del fiore. La gocciolina, che brilla al sole come se fosse d'argento, viveva un giorno in un torrentello limpido e chiacchierino. Dopo aver corso a lungo fra due rive fiorite di margherite, un bel giorno la gocciolina precipito' in un grande fiume e comincio' a correre forte e a vedere tante cose belle. Un giorno arrivo' al mare e lo vide bello, pareva un altro cielo, quando era sereno, e invece quando si infuriava diventava una distesa di schiuma bianca. Poi venne un gran caldo e pareva che il sole volesse bersi il mare. La nostra gocciolina si senti' sollevare su verso il cielo: era diventata una specie di fumo leggero e invisibile. E in cielo si trasformo' in una nuvoletta bianca. Aveva molte amiche e con loro giocava volentieri a rincorrersi, fino a quando venne un ventaccio violento e freddo. E tutte le nuvolette si unirono formando un unico pesante nuvolone nero, che fini' per disciogliersi e cadere sulla terra sotto forma di pioggia. La nostra gocciolina ora si dondola di nuovo sulla corolla del fiore.

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| LA RAPA
(Racconto russo)
C'era una volta un vecchietto che pianto' una piccola rapa e disse: "Cresci carnosa e forte". E la rapa crebbe carnosa, forte e tanto grande. Un giorno il vecchietto ando' nell'orto per coglierla, ma tira tira non riusci' a strapparla. Chiamo' allora una vecchina, che si mise a tirare il vecchietto, che a sua volta tiro' la rapa. Tira tira, non riuscirono a sradicarla. Allora la vecchina chiamo' la nipotina, che tiro' la vecchina, che tiro' il vecchietto, che a sua volta tiro' la rapa. Ma nemmeno questa volta riuscirono a strapparla. La nipotina chiamo' allora il suo cagnolino nero. Il cane tiro' la nipotina, che tiro' la vecchina, che tiro' il vecchietto, che tiro' la rapa. Tira e tira, la rapa non si muoveva di un millimetro. Il cane nero chiamo' il gatto, il gatto tiro' il cane nero, il cane nero tiro' la nipotina, la nipotina tiro' la vecchina, la vecchina tiro' il vecchietto, il vecchietto tiro' la rapa. Tutti insieme tirarono e tirarono ancora, ma la rapa rimaneva salda al suo posto. Il gatto chiamo' il topo, il topo tiro' il gatto, il gatto tiro' il cane nero, il cane nero tiro' la nipotina, la nipotina tiro' la vecchina, la vecchina tiro' il vecchietto, il vecchietto tiro' la rapa. E finalmente, grazie ad un topolino, la rapa venne
fuori.
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MAMMA
Un bambino che stava per nascere a questo mondo domandò a Dio: "mi dicono che sto per essere inviato sulla terra, come potrò vivere là se sono così piccolo e indifeso?" E Dio rispose: "tra la moltitudine degli angeli io ne ho scelto uno speciale per te, sta aspettandoti e si prenderà cura di te." "ma dimmi qui in cielo io non faccio che cantare e sorridere e ciò è sufficiente per essere felici, sarò felice là?" "il tuo Angelo canterà e sorriderà per te ogni giorno, ogni istante tu sentirai l'amore del tuo Angelo e sarai felice." "come potrò capire quando mi parleranno se io nemmeno conosco la lingua che le persone parlano?" "con tanta pazienza e amore il tuo Angelo ti insegnerà a parlare" "che cosa potrò fare quando avrò desiderio di parlarti?" "il tuo Angelo t'insegnerà a mettere le mani giunte e a pregare" "Ho sentito che sulla terra ci sono degli uomini cattivi, chi mi proteggerà?" "il tuo Angelo ti difenderà anche con il rischio della propria vita" "ma io sarò sempre triste perchè non potrò più vederti" "il tuo Angelo sempre ti parlerà di me, ti insegnerà il modo di venire da me e io sarò sempre dentro di te." In quel momento in cielo si fece molto silenzio e le voci della terra si potevano sentire. Il bambino avvicinandosi chiese sottovoce: "o Dio io sono pronto per partire, ma dimmi per favore il nome del mio Angelo." Dio rispose: "chiamerai il tuo Angelo...Mamma."

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De: Lietta |
Envoyé: 10/11/2013 14:06 |
| LA LEPRE E LA TARTARUGA

Da Esopo
Un giorno la lepre si vantava con gli altri animali: "Nessuno puo' battermi in velocita'. Sfido chiunque a correre come me". La tartaruga, con la sua solita calma, disse: "Io accetto la sfida". La lepre scoppio' in una risata e la tartaruga replico': "Non vantarti prima di aver vinto. Accetti la gara?". E cosi' fu stabilito un percorso e dato il via. La lepre parti' come un fulmine: quasi non si vedeva, tanto era gia' lontana. Poi si fermo' e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraio' a fare un sonnellino. La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l'altro, e quando la lepre si sveglio' la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara. La tartaruga sorridendo disse: "Non serve correre, bisogna partire per tempo".
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De: Lietta |
Envoyé: 14/11/2013 18:00 |
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C’era una volta un cavaliere della corte della Regina Teodolinda che si chiamava Bard. Oltre che essere un valoroso cavaliere, sapeva suonare con abilità il liuto e componeva canzoni e poesie con cui allietava le feste della corte longobarda, che si svolgevano nei castelli e nei palazzi, durante i rigidi e nebbiosi inverni che avvolgevano le lande e i fiumi attorno a Monza. Un giorno seguendo il corso del Lambro si inoltrò a cavallo nella Valle Cantalupo. Stava cercando ispirazione per le sue storie ed era immerso nei suoi pensieri quando, alzando gli occhi al cielo, vide uno sparviero che stava iniziando una picchiata per ghermire la sua preda. Si portò avanti per vedere meglio la scena, grande fu il suo stupore quando vide che il falco giunto vicino ad un coniglio selvatico, planò, guardò il coniglio e dopo aver gettato un grido riprese il volo. Il coniglio non sembrava minimamente intimorito. Incuriosito da ciò, decise di seguire il volo dello sparviero inoltrandosi in un bosco in prossimità di una cascina. Di nuovo lo sparviero cominciò a restringere i suoi cerchi nel cielo e a un certo punto cominciò una picchiata che terminò vicino a un passero inerme, che, immobile, sembrava aspettasse la morte dal cielo. Ancora una volta, però, il falco planò dolcemente, guardò con intensità la sua preda e poi, dopo aver lanciato nuovamente il suo richiamo, volò via. A questo punto, Bard fu sicuro di trovarsi in uno di quei luoghi strani in cui la magia può modificare il naturale corso degli eventi, trasformando il lupo in agnello. Scese da cavallo e si mise a passeggiare nel bosco immerso in riflessioni su quello che aveva appena visto. Improvvisamente vide, da lontano, una bellissima fanciulla vestita di abiti molto umili, che sembrava cantasse e ballasse da sola al centro di una radura. Rapido, si nascose dietro un cespuglio di ligustro facendo sdraiare il cavallo e si mise ad osservarla rapito. La ragazza cantava molto bene e si muoveva con eleganza ma non si capiva perché lo facesse. Infatti, per quanto scrutasse, la ragazza sembrava completamente sola. ”Peccato, una così bella ragazza fuori di senno”, commentò. Aveva appena finito di bisbigliare queste parole che la ragazza interruppe il canto e si chinò, con gesto elegante, verso una parte della radura, come per ricevere un applauso. Fu a quel punto che dal margine del bosco si udì come un sommesso battere di mani e rumori strani, gorgheggi, fischi di merli, battiti di ali, miagolii e, distintamente, udì l’ululato di un lupo. A quel punto, il cavaliere aguzzò bene la vista e proprio in fondo alla radura, al confine tra il prato e l’inizio del bosco, intravide uno stuolo di animaletti che formavano un piccolo pubblico che guardava estasiato la bella contadina. C’erano volpi, lepri, gatti, cervi, gufi, fagiani, pernici, passeri, conigli, falchi, pipistrelli e sulla sinistra, un po’ discosto, vide lui: lo sparviero. Capì che i suoi richiami erano stati come altrettanti inviti per gli animali del bosco. Questo stranissimo pubblico continuava ad applaudire estasiato e sembrava voler fare una grande festa alla bellissima fanciulla. Bard restò molto impressionato ma non volle interrompere questo spettacolo da cui era rimasto decisamente rapito e se ne andò risoluto a rivedere quella bellissima fanciulla dagli occhi verdi, che cantava e danzava per gli animali della radura . Bard tornò diverse volte nel bosco a riascoltare la fanciulla e ogni volta ne tornava sempre più ammirato e ormai decisamente innamorato. Mosso dal desiderio di conoscerla, aveva fatto qualche tentativo per incontrarla, ma ella spaventata era sempre fuggita e gli animaletti erano intervenuti in modo da aiutare la sua fuga e da farne perdere le tracce. Bard, però, non si perse d’animo e cercò di raccogliere informazioni tra tutti gli abitanti del bosco. Alla fine, riuscì a scoprire che la fanciulla era la figlia del mugnaio che abitava nella cascina che si poteva scorgere all’inizio del bosco. Da sempre era nota con il nome di cascina Chignolo. L’idea di poterla incontrare lo riempì dapprima di gioia, ma poi divenne molto triste. Infatti, venne a sapere che il mugnaio era una contadino di fede cristiana; appartenente a quelle popolazioni italiche, per lo più di tale religione, che loro, i Longobardi, avevano sottomesso durante le guerre di conquista del nord Italia. Sapeva che mai il mugnaio avrebbe permesso alla figlia di sposarsi con un barbaro pagano. Tuttavia, era cosi perdutamente innamorato che decise comunque di andare dal padre per domandargli di poter conoscere la figlia, sperando poi di chiederla in sposa. Il mugnaio era un contadino rozzo ma di grande fede, che le angherie e i soprusi, soprattutto dei primi anni della conquista longobarda, avevano reso furbo e abile nei rapporti con i barbari. Capiva che, se avesse negato la mano di sua figlia a un nobile longobardo, questo avrebbe potuto costare la vita a lui e a tutta la sua famiglia. Decise allora di giocare d’astuzia e, facendosi coraggio, rispose al cavaliere che il suo Dio non avrebbe acconsentito a questa unione e l’avrebbe punito a meno che lui, sebbene longobardo, non avesse dimostrato di avere un buon rapporto con Dio. Ma come dimostrare ciò? Prese tempo e, dopo aver riflettuto, alcuni giorni dopo disse a Bard che un Angelo di Dio, apparso in sogno, gli aveva rivelato la prova che avrebbe dovuto superare per dimostrare di essere vicino a Dio. Non era una prova difficile, sarebbe stato sufficiente comporre una canzone, la cui melodia avesse fatto accorrere tutti gli animali del bosco .Questo avrebbe dimostrato che conosceva l’innocenza, che aveva la sapienza per trasformarla in una canzone e l’abilità per cantarla e farla intendere agli animali del bosco. Queste tre virtù sarebbero state la dimostrazione evidente che lui non poteva essere troppo lontano da Dio. In realtà, il furbo contadino gioiva in cuor suo, pensando che mai e poi mai un longobardo sarebbe riuscito in una impresa del genere. In effetti, a sentire queste parole, Bard si rattristò poiché sapeva di essere in grado di comporre molte melodie per le feste di corte ma era anche cosciente che tutte richiamavano al divertimento sfrenato, alla spensieratezza, alla sensualità, tutte cose molto lontane da ciò che gli veniva richiesto. Bard, che ormai alcuni avevano ribattezzato il Cavaliere Triste, vagava da solo per i boschi e nelle sale del palazzo di corte, chiedendosi se mai sarebbe riuscito a incontrare e far sua la fanciulla di cui si era invaghito e di cui ormai era perdutamente innamorato. Una mattina stava rimuginando sulla sua sfortuna quando nel cortile del palazzo osservò tra i mugnai, che portavano la farina al castello, un ragazzetto che fischiettava con un merlo sulla spalla, mentre era impegnato a scaricare i pesanti sacchi di farina. Sembrava che, ogni tanto, il merlo rispondesse alla melodia del ragazzo. Bard, divertito, continuò ad osservare questa strana coppia di lavoratori, che lo distoglieva dai suoi tristi pensieri. Dopo un po’, notò che il ragazzo aveva cambiato la melodia e che sulla sua spalla, al posto del merlo, si era posato un usignolo. Anch’esso sembrava rispondere al fischiettio del ragazzo, in un incomprensibile ma gradevolissimo duetto musicale. La cosa sarebbe però, probabilmente, passata inosservata se proprio in quel momento, sotto il suo sguardo, il ragazzo non avesse ulteriormente cambiato la melodia mentre si verificava un fatto stupefacente ed inaspettato. L’usignolo, infatti, aveva preso il volo e al suo posto e |
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Alla quarta luna dell’anno, durante il mese di Aprile che fa sbocciare i fiori, Bard con lo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Ariete e lì incontrò lo sparviero e lo conobbe, imparando come lui a lasciar vagare libero lo spirito nel cielo, puntando dritto incontro al sole. E Bard conobbe lo splendore innanzi a cui la parola cede e divenne nobile nel suo cuore. Il pino gli raccontò la storia di quelle terre, quando rocce scoscese si precipitavano sul mare e con le sue radici si attaccava a quei sassi nudi, una volta percossi dai flutti del mare. E Bard conobbe la forza incrollabile del pensiero, l’eterno ritorno della vita e l’immortalità dell’uomo. |
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Alla quinta luna dell’anno, durante il mese di Maggio, quando rugiada e fiori di bosco si donano alle innamorate, Bard con lo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Toro e lì incontrò il fagiano e lo conobbe imparando come lui a lasciar trasparire sul volto il colore delle sue passioni e a fregiarsene come di un ornamento. Bard divenne libero. Il mughetto lo avvolse nel suo profumo e gli parlò di corteggiamenti e serenate nelle notti di maggio, quando solo le lucciole rischiaravano rossori e trasalimenti di dame e cavalieri cortesi. Bard divenne gentile. |
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Alla sesta luna dell’anno, durante il mese di Giugno, quando il fieno riempie i fienili, Bard insieme allo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Casa dei Gemelli e lì incontrò la volpe e la conobbe, imparando da lei l’astuzia per avvicinarsi alle case degli uomini, per rubare loro il cibo, quando i morsi del freddo le serravano il cuore e la paura le tagliava il respiro. Imparò anche che alcune volpi sono fanciulle distrutte da amori infelici che se si avvicinano al cuore possono ossessionare un uomo con il loro desiderio infelice. Bard imparò che l’astuzia è la madre della prudenza. Il noce gli parlò del regno degli inferi dove anche gli eroi più grandi trovano riposo, pace e oblio. Bard imparò che per ogni impresa umana c’è il suo tempo e che, alla fine, su tutte le imprese la morte stenderà un velo ma non per questo ci si può dimenticare di essere eroi.
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Alla settima luna dell’anno, durante il mese di Luglio, quando si tagliano avena e frumento, Bard con lo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Cancro e lì incontrò il pipistrello e lo conobbe, imparando a chiudere gli occhi e a vagare silenzioso nella notte esterna e in quella ancora più buia del proprio cuore. Imparò a sentire le emozioni al loro sorgere, quando ancora non erano espressi né un volere né una intenzione. Bard imparò a controllare il proprio desiderio e conobbe le cinque felicità: longevità, tranquillità, salute, avere quanto basta e buona morte. La rosa canina gli parlò dei tempi in cui la bellezza sbocciava ad ogni angolo, prima di essere sequestrata nelle serre ed essere trasformata in un fiore raro, talora emblema di principi e re. Bard imparò la semplicità. |
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Alla ottava luna dell’anno, durante il mese di Agosto, quando la spigolatrice nei campi riempie le ceste, Bard si recò nella zona dell’Orsa chiamata Casa del Leone e lì incontrò il falco e lo conobbe, imparando ad alzarsi nel cielo per inquadrar la preda e tenendo saldo il cuore avventarsi su di essa, a rischio della vita, senza pensare a nulla come se ogni volta potesse essere l’ultima. Bard imparò la superiorità e la vittoria. Il carpino bianco gli fece vedere come si faceva a tenere presso di sé le foglie morte quando l’inverno ormai incombeva. Ed egli imparò a tenere presso di sè i suoi errori e i suoi rammarichi, senza consentir loro di schiantargli il cuore. |
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Alla nona luna dell’anno, durante il mese di Settembre, quando si vendemmia e si pigia il vino, Bard si recò nella zona dell’Orsa chiamata Casa della Vergine e lì incontrò il coniglio, lo conobbe e imparò come lui ad ascoltare il palpito del suo cuore, anche quando voleva dire assaporare l’odore della paura, ma senza mai rinunciare ad essere uomo. Bard imparò che non si compiono grandi imprese perché si è coraggiosi, ma che si diventa coraggiosi ogni giorno, compiendo quelle imprese che l’odore della paura ci vorrebbe vietare. Il finocchio selvatico avvolto nel suo profumo gli parlò dei serpenti che a lui si avvicinavano per ottenere il dono di una vista acuta e per essere aiutati nella muda e di tempi antichissimi quando i seguaci di Dioniso si adornavano dei suoi fiori e dei suoi profumi per mudare anche loro in una seconda rinascita allo Spirito, una volta all’anno. Bard imparò il cambiamento come legge della Vita. |
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Alla decima luna dell’anno, durante il mese di Ottobre, quando le sementi fecondano il terreno, Bard insieme allo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Casa della Bilancia e lì incontrò il passero e lo conobbe imparando come lui a guidar le anime verso il mondo dei morti e a riportarle talora, quando la neve lascia di nuovo comparir la terra dopo il lungo riposo invernale. Bard imparò che nulla si perde e tutto torna. Il ciliegio gli raccontò di un giardino in cui gli uomini erano immortali e di come anche oggi impadronendosi dei suoi frutti si possa vedere attraverso il tempo impossessandosi di un pezzo di immortalità. Bard imparò che il cuore dell’uomo è fatto per l’immortalità |
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Alla undicesima luna dell’anno,durante il mese di Novembre quando le foglie cadono e marciscono pere alimentare la vita, Bard insieme allo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Scorpione e lì incontrò la vipera e la conobbe e imparò che c’è un tempo per vivere e un tempo per morire, un tempo per cominciare e un tempo per finire, un tempo per vivere al sole e un tempo per nascondersi nell’ombra, un tempo per la clemenza e un tempo per l’odio, un tempo per l’uomo e un tempo per la donna, un tempo per la speranza e un tempo per la disperazione e che l’uomo chiama questo tempo di fortuna e tempo di sfortuna, ma che tutto è tempo di Dio. Il bosso, dal legno duro, segno di perseveranza, gli raccontò dei tempi in cui era consacrato ad Ade e veniva piantato vicino ai sepolcri per ricordare con il suo verde che la vita, come la terra sotto la neve, non muore e che come a primavera sbocciano le nuove gemme, così, dopo l’inverno della morte, le anime sbocciano ad una seconda vita che più non muore. |
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Alla dodicesima luna dell’anno, durante il mese di Dicembre, quando la neve avvolge la terra come in un manto e si ammazza il porco, Bard insieme allo gnomo si recò nella zona dell’Orsa chiamata Sagittario e lì incontrò il cervo e lo conobbe. Imparò come le corna del cervo a indurire il suo cuore in autunno, lasciandolo cadere nel regno dei morti e ad aspettare trepidante, a primavera, il primo palpito della rinascita. Bard imparò la speranza. La quercia gli raccontò dei tempi in cui nascevano gli dei e quando gli stessi uomini prima di essere tali furono querce. Quando, attraverso i suoi rami, gli dei scendevano dal Cielo sulla Terra per poi risalirvi e, sotto i suoi rami frondosi, si rendevano sacrifici a Zeus, il padre degli dei. Bard imparò cosa vuol dire essere uomo di quercia. |
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Alla prima luna dell’anno, durante il mese di Gennaio, quando il vino scalda il sangue e accende i sensi, Bard si recò insieme allo gnomo nella zona dell’Orsa chiamata Capricorno e lì incontrò il gufo e lo conobbe, e fu subito la tristezza della notte e di quella lunga notte in cui finisce la vita. Ma imparò anche che nella notte, lasciando vagare libero lo spirito nel chiarore lunare, si può conoscere senza vedere e Bard seppe di essere diventato indovino. Il carpino nero gli parlò del suo povero legno capace di riscaldare le case degli uomini e di diventar carbone e Bard imparò che nulla val così poco da non valer qualcosa. |
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Alla seconda luna dell’anno, durante il mese di Febbraio, quando il caldo e il freddo si affrontano e il ciocco arde nel camino, Bard si recò insieme allo gnomo nella zona dell’Orsa chiamata Acquario e lì incontrò il gatto e lo conobbe e questi gli parlò delle sue sette vite e di come nacque sull’arca di Noè dallo starnuto di un leone per cacciare i topi. E Bard sentì l’agilità e il vigore scendergli nelle membra e l’astuzia gli pervase il cuore. Bard imparò a dormire con un occhio solo, restando sempre in guardia contro i pericoli della notte. Bard imparò che l’astuzia produce la vigilanza. L’edera gli parlò di Dioniso, il dio cui era stata dedicata, e della gioia e del terrore che prendeva il cuore degli uomini al suo apparire e dell’amore che persiste e che non muore. Gli ricordò anche quegli amori tristi in cui l’amante stringe il suo amore sino a soffocarlo e Bard imparò a tenere aperto il suo cuore. |
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Alla terza luna dell’anno, durante il mese di Marzo quando si zappa la terra ma le falci si volgono alla guerra, Bard si recò insieme allo gnomo nella zona dell’Orsa chiamata Casa dei Pesci e lì incontrò il picchio, e lo conobbe, imparando come lui a tamburellare con rapidità e violenza contro il legno per ricavare un angolo sicuro in cui riporre i beni più preziosi, senza lasciarsi distrarre da fame o sete. E Bard imparò la sicurezza. La betulla gli raccontò del sole e della luna, che continuamente si inseguono nel cielo, alternando alla luce dorata del sole quella argentata della luna. Bard imparò che ogni cosa ha due aspetti. |
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Cosi Bard, il cavaliere, per lunghe 12 lune, andò nella radura e imparò a parlare con gli animali e a guardare dentro le piante. Quando arrivò la dodicesima luna, Bard aveva appreso il segreto che consentiva di parlare agli animali, di comandarli, e di guardare dentro alle piante. Si rinchiuse nella sua stanza e, dopo aver imbracciato il liuto, cominciò a comporre una melodia. Man mano che la componeva, gli animali accorrevano ai suoi piedi, estasiati da quella musica bellissima e celestiale. Uscì dalla stanza e attraversò il cortile del palazzo circondato da uccelli, leprotti, donnole e faine che lo accompagnavano, lasciando esterrefatti le dame e i cavalieri della corte di Teodolinda. Lentamente si portò sino al mulino, per chiedere la mano della figlia del mugnaio, che rimase stupito vedendolo arrivare circondato da quella numerosa corte di animali di ogni tipo. Sapeva che il mugnaio avrebbe potuto dirgli di no, ma si sentiva libero e felice: Sapeva infatti che, grazie al regalo dello gnomo, comunque non sarebbe mai più stato solo e questo lo rendeva felice. Quando giunse ai piedi della scala del mulino, la fanciulla gli corse incontro e si strinse al cuore di Bard che rimase esterrefatto. “La regina Teodolinda ha voluto battezzarsi. Se vuoi puoi farlo anche tu, ora, e così potremo sposarci”. | | |
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LA CORNACCHIA E LA BROCCA
Da Esopo
Una cornacchia, mezza morta di sete, trovo' una brocca che una volta era stata piena d'acqua. Ma quando infilo' il becco nella brocca si accorse che vi era rimasto soltanto un po' d'acqua sul fondo.
Provo' e riprovo', ma inutilmente, e alla fine fu presa dalla disperazione.
Poi, le venne un'idea e volle provare subito.
Prese un sasso e lo getto' nella brocca.
E uno per volta ne getto' dentro diversi, fino a che pian piano l'acqua comincio' a salire.
Allora ne getto' altri e cosi' riusci a bere e a salvarsi la vita.
Morale della favola: a poco a poco si arriva a tutto.
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