
San Germano di Capua
Vescovo
Capua, V secolo - † 30 ottobre 541
Di san  Germano esiste una vasta bibliografia che parla di lui, ma  soprattutto  della sua opera di vescovo. Nel mentre una ‘Vita’ anteriore  all’873-74,  scritta quindi più di tre secoli dopo la sua esistenza, dà  del santo  poche notizie generali. Egli  nacque a Capua nel V secolo, figlio di Amanzio e Giuliana, illustri   cittadini della storica città; alla morte del padre, Germano ereditò   l’ingente patrimonio e con il consenso della madre vendette tutto e   diede il ricavato ai poveri. Così  poté dedicarsi più liberamente alla vita spirituale, a cui si  sentiva  chiamato, con sante letture, preghiere, ortificazioni. Nel 519  ca.  essendo morto il vescovo di Capua Alessandro, fu designato a   succedergli secondo le modalità dell’epoca, cioè eletto dal clero e dal   popolo; dopo aver resistito per umiltà, alla fine accettò la carica. Il  “Liber Pontificalis” aggiunge altre notizie sicure; il papa s.  Ormisda  (514-523) dopo che erano falliti i tentativi dei suoi  predecessori e  con l’infelice risultato di due sue legazioni, pensò di  riuscire a  portare a termine lo scisma acaciano in Oriente, quando  divenne  imperatore Giustino I nel 518. Lo  scisma ebbe origine dal nome del patriarca di Costantinopoli Acacio  (†  489), il quale per porre termine alle controversie tra cattolici e   monofisiti, accordatosi con quest’ultimi, suggerì all’imperatore Zenone   di Bisanzio di promulgare nel 482, l’“Enòtico”, formula di unione dei   due pensieri religiosi; la formula diretta a tutto l’impero non   risolvendo alcuni punti teologici delicati, alla fine non soddisfece   nessuno. Il papa Felice III depose e scomunicò Acacio nel 484, iniziando   così lo scisma cosiddetto ‘acaciano’, durato 35 anni Lo  scisma che dal 484 aveva separato da Roma la Chiesa d’Oriente,  provocò  anche il concetto di indipendenza dal Sommo Pontefice, il quale   rivendicava il diritto pontificio a definire in materia di fede e di   disciplina. L’imperatore Giustino  I, già dai primi giorni dalla sua elezione,  insieme ad altri personaggi  influenti della sua corte bizantina, come il  nipote Giustiniano e il  patriarca Giovanni, chiesero al papa di inviare  una legazione a  ristabilire la pace fra le due Chiese. E  così nel gennaio del 519 papa Ormisda d’accordo con Teodorico, che   regnava in Italia con sede in Ravenna, inviò la sua terza legazione   guidata dal vescovo di Capua Germano, e composta inoltre da un altro   vescovo di nome Giovanni, dal diacono romano Felice, dal celebre   Dioscoro, diacono alessandrino ma residente a Roma, dal prete romano   Blando e dal notaio ecclesiastico Pietro. La  guida di questa importante missione, rivela la stima che si aveva   nella dottrina, saggezza e virtù di Germano. Essi furono accolti   trionfalmente a Costantinopoli e ricevuti in solenne udienza   dall’imperatore; letto il celebre ‘libellus’ di papa s. Ormisda, dopo   breve contraddittorio condotto sapientemente dai delegati, alla fine i   vescovi presenti convennero con le tesi pontificie e così il giovedì   santo del 519, anche il patriarca Giovanni accettò la formula del papa. La  pace nella Chiesa era stata raggiunta e lo scisma rientrato, fra   l’esultanza generale e recandosi tutti in chiesa per il canto del   ringraziamento a Dio. I Legati pontifici rimasero a Bisanzio più di un   anno, per consolidare il risultato della conciliazione, anche nelle   altre Chiese Orientali e per superare ulteriori contrasti dovuti ad   irrequieti monaci sciti. Verso il 10 luglio del 520 essi ripresero la   via del ritorno. S. Gregorio Magno  nei suoi ‘Dialoghi’ racconta due episodi che  riguardano s. Germano, il  primo è che l’anima del diacono romano  Pascasio, sarebbe apparsa a  Germano nelle Terme di Agnano (NA) e che per  le sue preghiere, sarebbe  stata liberata dalle pene del Purgatorio. Il  secondo episodio invece racconta, che s. Benedetto, mentre era in   contemplazione a Montecassino, ebbe la visione dell’anima di s. Germano   che saliva al cielo, trasportata dagli angeli e in un globo di fuoco;  il  santo patriarca allietato da tanta gloria del vicino vescovo di  Capua,  mandò persone fidate a chiedere di lui, ricevendo la notizia che  nel  momento stesso della visione, Germano moriva; era il 30 ottobre  del 541. Germano fu sicuramente  amico di s. Benedetto, come lo fu di s. Sabino  vescovo di Canosa e del  papa             s. Giovanni I. Inizialmente  Germano fu sepolto in  Capua Vetere, nella chiesa di S. Stefano, dove lui  stesso aveva fatto  collocare le reliquie del santo protomartire e in  questa chiesa,  edificata dall’imperatore Costantino, s. Germano fu a  lungo venerato. Poi  costruita la nuova città, il suo corpo fu trasferito in essa.  Nell’866  l’imperatore Ludovico II venne in Italia e dimorò per circa un  anno a  Capua e quando ripartì, portò con sé il corpo di s. Germano; poi   passando per la città fondata dall’abate Bertario ai piedi di   Montecassino, con il nome di Eulogimenopoli, egli vi lasciò parte delle   reliquie di s. Germano; per la presenza di queste reliquie e per la   venerazione che si era instaurata, la città si chiamò poi S. Germano,   nome rimasto fino al 1863, quando fu mutato in quello più antico di   Cassino. Nel suo viaggio di  ritorno in Germania, Ludovico II lasciò altre  reliquie del santo  vescovo a Piacenza, dove da secoli sono venerate  nella cripta della  celebre chiesa di S. Sisto. E proprio da Piacenza nel  1846, l’abate di  Montecassino Frisari, ottenne per la città di Cassino  alcune reliquie  di s. Germano, perché il dito del santo, che era l’unica  reliquia  superstite nel tempo, era andata persa durante i saccheggi dei  francesi  alla fine del secolo XVIII. Il  culto per s. Germano, vescovo di Capua, è bene specificarlo, perché  di  santi o martiri con questo nome ve ne sono una trentina, senza  contare i  personaggi moderni; pur essendo presente in altre zone anche  fuori  d’Italia, è soprattutto attestato nelle zone di Capua e Cassino e  di  qualche parrocchia è pure il santo titolare. La  sua festa è celebrata con particolare onore nell’Abbazia di   Montecassino e soprattutto a Cassino dove è ancora speciale patrono. 
 Purtroppo tante opere d’arte che lo raffiguravano nella chiesa di   Cassino, sono andate distrutte insieme alle reliquie, durante il   disastroso bombardamento del 1944.
Autore: Antonio Borrelli