C'è un brano che quasi quasi mette angoscia. Non c’è nessun
 crocifisso appeso ai muri delle nostre case che ci possa salvare,
 nessun titolo onorifico, nessun ruolo pastorale
, nessun colletto o nessun velo.
Niente di tutto ciò. Rischiano di non valere nemmeno
 tutte le cose che abbiamo fatto per Dio e la Chiesa.
 Rischiamo di sentirci dire “ma io non ti ho mai 
chiesto tutto questo”. Rischiamo cioè di riempirci le
 orecchie del frastuono delle nostre buone, pie e devote azioni
un frastuono che ci impedisce di cogliere il
 silenzioso fruscio della voce di Dio.
E’  molto alto il rischio di perderci in mille e mille cose…
 quante persone vorremmo “salvare”, arrovellandoci la 
mente nel tentativo di dare una risposta agli interrogativi
 posti
un consiglio sapienziale, dimenticando che il silenzio è
 la musica che fa la polvere quando si adagia a terra, 
liberandoci la visuale e lasciandoci vedere la verità delle cose. 
Quante situazioni vorremmo seguire di prima persona,
 pensando di avere la soluzione pastorale più idonea ai 
mille problemi di un’epoca che vive un travaglio rivoluzionario
 dimenticandoci che l’attitudine più corretta è la pazienza 
 del contadino, piuttosto che la frenesia del manager.
Terribile quel giorno in cui rischiamo di arrivare davanti a Dio
 con in mano i nostri curriculum da buoni cristiani, chiedendo 
con quelli il diritto di ricevere la cittadinanza del Regno dei Cieli.
Ci precederanno le centinaia di progetti sociali che abbiamo
 realizzato, le migliaia di ore di volontariato donate agli ultimi,
 le ore di sonno perse per aver assorbito le ansie e i dolori
 di tanti nostri fratelli… sorgerà allora una domanda: era 
questa la volontà di Dio? O non era piuttosto la nostra?
 Chi ha voluto che iniziassimo a fare volontariato?
 Noi o Dio? Il nostro bisogno-desiderio era anche quello di Dio?
Mi angoscia pensare all’eventualità di trovarmi in tale
 situazione, in cui Dio mi mostrerà non tanto quello che ho
 fatto pur non essendo la sua volontà, quanto i posti che
 avrei dovuto occupare io e che invece sono rimasti vuoti
 perché ero impegnato in chissà quale altra mia urgenza!
 Che dolore nel pensare a chi aspettava un mio sguardo e 
una mia piccola attenzione ed è invece rimasto a secco,
 perché nel frattempo mi ero inventato che era prioritario
 fare qualcos’altro! Che sofferenza nell’immaginare qualcuno 
che resta lì, in attesa di un angelo che non arriva!
 Che male cane nello scorgere dietro l’angolo un Gesù 
che cade a terra, sotto la croce, che passa ore, giorni,
 mesi, anni aspettando un Cireneo che non arriva e mai
 arriverà, perché si è inventato un’altra 
volontà a cui obbedire.
Tutta questione di volontà e di obbedienza: c’è la volontà 
dettata dall’ego, travestito da Dio. E c’è quella che
 viene proprio dall’Alto, silenziosa e delicata, 
ma affascinante!
Don Giacomo Pavanello