Non possiamo... noi che amiamo la poesia...
non ricordare oggi questa grande poesia.
 
 
 
 
 
 
Poesia che oltre ad esser nota a tutti 
perché ce la fanno studiare a scuola
è certamente storica... 
e non solo perché ci parla di Napoleone...
nonché densa di significati spirituali...
 
 
 
 
 
 
 
 
Il Manzoni la scrisse quasi di getto (4 o 5 gg) 
dopo aver saputo che Napoleone era morto
ma soprattutto perché commosso dal fatto 
che si era convertito poco prima di morire...
 
 
 
 
 
 
Il poeta, quando il Bonaparte dominava l'Europa 
non era stato tra i suoi ammiratori...,
per cui appare chiaro che questa poesia 
in cui ne riconosce comunque la grandezza 
(all'epoca Napoleone era amatissimo o odiatissimo)
non poteva portar vantaggi allo scrittore milanese...
 
 
 

Il foglio su cui fu scritta
 
 
In realtà egli si astiene 
da un preciso formale giudizio storico 
limitandosi a dire... con i mitici versi...
"Fu vera Gloria? 
Ai posteri l'ardua sentenza" (vv 31-32), 
frase entrata a far parte del nostro dire...
 
 
 
 
 
 
 
 
La poesia fu censurata dalle Autorità Austriache 
che governavano all'epoca la Lombardia
ma grazie a Goethe, che la fece pubblicare
su una rivista tedesca, 
ebbe un'eco immediata in tutta Europa...
 
 
Ma ora leggiamola... rileggiamola...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL CINQUE MAGGIO
Alessandro Manzoni
 
 
 Ei fu. Siccome immobile, 
dato il mortal sospiro, 
stette la spoglia immemore 
orba di tanto spiro, 
così percossa, attonita 
la terra al nunzio sta, 
muta pensando all'ultima 
ora dell'uom fatale; 
né sa quando una simile 
orma di pie' mortale 
la sua cruenta polvere 
a calpestar verrà. 
Lui folgorante in solio 
vide il mio genio e tacque; 
quando, con vece assidua, 
cadde, risorse e giacque, 
di mille voci al sònito 
mista la sua non ha: 
vergin di servo encomio 
e di codardo oltraggio, 
sorge or commosso al sùbito 
sparir di tanto raggio; 
e scioglie all'urna un cantico 
che forse non morrà. 
Dall'Alpi alle Piramidi, 
dal Manzanarre al Reno, 
di quel securo il fulmine 
tenea dietro al baleno; 
scoppiò da Scilla al Tanai, 
dall'uno all'altro mar. 
Fu vera gloria? Ai posteri 
l'ardua sentenza: nui 
chiniam la fronte al Massimo 
Fattor, che volle in lui 
del creator suo spirito 
più vasta orma stampar. 
La procellosa e trepida 
gioia d'un gran disegno, 
l'ansia d'un cor che indocile 
serve, pensando al regno; 
e il giunge, e tiene un premio 
ch'era follia sperar; 
tutto ei provò: la gloria 
maggior dopo il periglio, 
la fuga e la vittoria, 
la reggia e il tristo esiglio; 
due volte nella polvere, 
due volte sull'altar. 
Ei si nomò: due secoli, 
l'un contro l'altro armato, 
sommessi a lui si volsero, 
come aspettando il fato; 
ei fe' silenzio, ed arbitro 
s'assise in mezzo a lor. 
E sparve, e i dì nell'ozio 
chiuse in sì breve sponda, 
segno d'immensa invidia 
e di pietà profonda, 
d'inestinguibil odio 
e d'indomato amor. 
Come sul capo al naufrago 
l'onda s'avvolve e pesa, 
l'onda su cui del misero, 
alta pur dianzi e tesa, 
scorrea la vista a scernere 
prode remote invan; 
tal su quell'alma il cumulo 
delle memorie scese. 
Oh quante volte ai posteri 
narrar se stesso imprese, 
e sull'eterne pagine 
cadde la stanca man! 
Oh quante volte, al tacito 
morir d'un giorno inerte, 
chinati i rai fulminei, 
le braccia al sen conserte, 
stette, e dei dì che furono 
l'assalse il sovvenir! 
E ripensò le mobili 
tende, e i percossi valli, 
e il lampo de' manipoli, 
e l'onda dei cavalli, 
e il concitato imperio 
e il celere ubbidir. 
Ahi! forse a tanto strazio 
cadde lo spirto anelo, 
e disperò; ma valida 
venne una man dal cielo, 
e in più spirabil aere 
pietosa il trasportò; 
e l'avvïò, pei floridi 
sentier della speranza, 
ai campi eterni, al premio 
che i desideri avanza, 
dov'è silenzio e tenebre 
la gloria che passò. 
Bella Immortal! benefica 
Fede ai trïonfi avvezza! 
Scrivi ancor questo, allegrati; 
ché più superba altezza 
al disonor del Gòlgota 
giammai non si chinò. 
Tu dalle stanche ceneri 
sperdi ogni ria parola: 
il Dio che atterra e suscita, 
che affanna e che consola, 
sulla deserta coltrice 
accanto a lui posò. 
 
 
 

Manzoni
 
 
 
Ciao da Tony Kospan
 
 
 
 
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