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M I T I . . . N O S T R I . . .: Giovannino Guareschi
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De: lucy46  (Mensaje original) Enviado: 01/05/2014 11:35

Giovannino Guareschi
(Fontanelle di Roccabianca, 1º maggio 1908 – Cervia, 22 luglio 1968)
è stato uno scrittore, giornalista, caricaturista e umorista italiano.
È uno degli scrittori italiani più venduti nel mondo: oltre 20 milioni
di copie, nonché lo scrittore italiano più tradotto in assoluto.

Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi nacque a Fontanelle, frazione di Roccabianca, in una famiglia della classe media. Il padre, Primo Augusto Guareschi, era commerciante, mentre la madre, Lina Maghenzani, era la maestra elementare del paese. Finite le scuole superiori, si iscrisse all'Università di Parma. Riuscì a entrare nel Convitto «Maria Luigia» di Parma, l'antico Collegio dei Nobili, che offriva vitto e alloggio agli studenti universitari in difficoltà economiche, che venivano occupati come istitutori e assistenti dei convittori. Qui conobbe, nel 1922, Cesare Zavattini. L'incontro fu decisivo per lo sviluppo della sua tecnica e della sua arte. Nel 1925 l'attività del padre fallì e Guareschi non poté più continuare gli studi. Dopo aver provato alcuni lavori saltuari, entrò alla «Gazzetta di Parma», come correttore di bozze. Nel 1931 iniziò come aiuto-cronista al quotidiano «Corriere Emiliano». Alla fine dell'anno andò a vivere da solo, in Borgo del Gesso. Aveva ventitré anni. In poco tempo diventò cronista, poi capo-cronista; scriveva articoli, novelle e rubriche, oltre a fare disegni (anche politici). Nel 1934 partì per il servizio militare a Potenza, dove frequentò il corso allievi ufficiali. L'anno dopo i proprietari del «Corriere» lo licenziarono per esubero di personale. Finito il corso, nel 1936 venne trasferito a Modena, dove in maggio fu promosso sottotenente di complemento. Poi ricevette un'altra proposta da Zavattini,  quella di entrare in un giornale umoristico che stava per nascere. Il «Bertoldo» (1936-1943 Finito il servizio militare, Guareschi si trasferì a Milano, andando a vivere con la fidanzata Ennia Pallini.  Il primo numero del «Bertoldo» apparve nelle edicole il 14 luglio 1936, giorno dedicato a san Camillo de Lellis. Guareschi vi collaborò inizialmente in qualità di illustratore. In capo a tre anni la rivista divenne settimanale, con tirature di 500-600 000 copie, e primo tra tutti i giornali umoristici.  Il protrarsi della seconda guerra mondiale portò alla chiusura del «Bertoldo» nel settembre 1943, dopo un bombardamento anglo-americano che coinvolse la sede della Rizzoli. Guareschi al tempo in cui era internato militare in Germania. Durante la guerra Guareschi - penna pungente e pronta ad attaccare senza paura o riverenza i bersagli che più gli sembravano meritevoli di critica, insultò e inveì a lungo contro Benito Mussolini e venne arrestato a causa di una delazione fatta da un convinto fascista che lo voleva far passare per le armi. Di conseguenza, riconosciutegli le attenuanti, nel 1943 venne condannato al richiamo nell'esercito. Terminò il conflitto come ufficiale di artiglieria.Quando l'Italia firmò l'armistizio con le truppe Alleate egli si trovava in caserma ad Alessandria. Rifiutò come molti altri di disconoscere l'autorità del Re e fu quindi arrestato e inviato nei campi di prigionia tedeschi di Częstochowa e Benjaminovo in Polonia e poi in Germania a Wietzendorf e Sandbostel per due anni, assieme ad altri soldati italiani. Qui compose La Favola di Natale, racconto musicato di un sogno di libertà nel suo Natale da prigioniero. In seguito descrisse il periodo di prigionia nel Diario Clandestino. Dopo la guerra Guareschi fece ritorno in Italia e fondò una rivista indipendente con simpatie monarchiche, il «Candido», settimanale del sabato. Guareschi era rimasto un irriducibile monarchico e non lo nascondeva. La profonda fede cattolica, l'attaccamento alla monarchia e il fervente anticomunismo fecero di Guareschi uno dei più acuti critici del Partito Comunista Italiano. Nelle elezioni politiche del 1948 Guareschi s'impegnò moltissimo affinché fosse sconfitto il Fronte Democratico Popolare che in un racconto definisce "Fronte Pecorale Democratico". Anche dopo la vittoria della DC e dei suoi alleati, Guareschi non abbassò certo la sua penna: anzi criticò anche la Democrazia Cristiana, che a suo parere non seguiva i principi cui si era ispirata. In particolare prese una radicale posizione di contrarietà verso i governi di centrosinistra, ovvero verso quell'alleanza tra DC e PSI che, a partire dalla metà degli anni sessanta, doveva improntare per oltre un decennio la politica italiana.  Guareschi venne recluso nel carcere di San Francesco del Prato a Parma, dove rimase per 409 giorni, più altri sei mesi di libertà vigilata ottenuta per buona condotta. Sempre per coerenza, rifiutò in ogni momento di chiedere la grazia. Guareschi è stato il primo giornalista della Repubblica Italiana a scontare interamente una pena detentiva in carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Nel 1956 la sua condizione fisica si era deteriorata e iniziò a trascorrere lunghi periodi a Cademario in Svizzera per motivi di salute. Nel 1957 si ritirò da direttore del «Candido», rimanendo tuttavia un collaboratore della rivista. Nel giugno 1961 Guareschi fu colto da un infarto, da cui si riprese con fatica. Il 7 ottobre dello stesso anno uscì il quarto film della famosa saga di don Camillo: Don Camillo monsignore... ma non troppo. Negli stessi anni Papa Giovanni XXIII chiese a Guareschi di collaborare alla stesura del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica. Guareschi declinò cortesemente l'invito non ritenendosi degno di tale onore. Guareschi ricevette l'invito da parte di Nino Nutrizio a collaborare col suo quotidiano, il milanese «La Notte». Guareschi rispose favorevolmente. Continuò a collaborare a vari periodici con disegni e racconti. Tenne inoltre, per quattro anni e fino al 1966, una rubrica di critica televisiva intitolata Telecorrierino delle famiglie su «Oggi Illustrato». Nel 1968 morì  a causa di un attacco cardiaco. I suoi funerali, svoltisi sotto la bandiera con lo stemma sabaudo, furono disertati da tutte le autorità. Unici personaggi di rilievo presenti per l'estremo saluto furono Nino Nutrizio, Enzo Biagi ed Enzo Ferrari.



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