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POETI... GRANDI...: GUIDO GOZZANO
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Respuesta  Mensaje 1 de 1 en el tema 
De: Orso Tony  (Mensaje original) Enviado: 08/08/2021 01:32
Il poeta con la madre



Il crepuscolarismo è stata una corrente letteraria nata all'inizio del 900, in opposizione al vitalismo ed all'individualismo allora imperante, che aveva come tematica le piccole emozioni quotidiane, anche le più semplici, descritte con dolce malinconia o leggera ironia.
Il principale esponente di questa corrente è senz'altro Guido Gozzano.
Guido Gozzano (Torino 19.12.1883 – Torino 09.08.1916)
BREVE BIOGRAFIA
Nato a Torino in un'agiata famiglia iniziò a studiare Giurisprudenza senza alcuna passione e presto entrò con amici in circoli letterari nei quali, pur contestandone l'eccessiva pesantezza, poté approfondire diverse tematiche proposte da scrittori e poeti europei dell'epoca.
Ebbe sempre una salute malferma... (era ammalato di tisi) ma ciò non gli impedì da giovane di vivere la vita mondana torinese con i suoi amici con i quali in seguito creò anche il circolo dei crepuscolari torinesi.
Gozzano con alcuni amici al circolo della Marinetta
Ne 1907 iniziò a pubblicare poesie ed ebbe una breve e tormentata storia d'amore con la poetessa Amalia Guglielminetti.
Pubblicò diversi libri che ebbero un buon successo ma nel 1916, a soli 33 anni, morì per l'aggravarsi della malattia.
Gozzano e la Guglielminetti (cliccando sull'immagine alcune lettere del loro difficile amore)
ALCUNE POESIE
Ne pubblico solo 3 perché sono lunghette ma a me molto care.
In particolare segnalo la 3° che è quella che diede
origine alla famosa frase
"Non amo che le rose che non colsi"
AD UN'IGNOTA
Tutto ignoro di te: nome, cognome,
l'occhio, il sorriso, la parola, il gesto;
e sapere non voglio, e non ho chiesto
il colore nemmen delle tue chiome.
…Ma so che vivi nel silenzio;
come care ti sono le mie rime:
questo ti fa sorella nel mio sogno mesto,   o amica senza volto e senza nome.
Fuori del sogno fatto di rimpianto
forse non mai, non mai c'incontreremo,
forse non ti vedrò, non mi vedrai.
Ma più di quella che ci siede accanto
cara è l'amica che non mai vedremo;
supremo è il bene che non giunge mai!
 
Federico Zandomeneghi
LE GOLOSE

 

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine -

le dita senza guanto -

scelgon la pasta. Quanto

ritornano bambine!

Perché nïun le veda,

volgon le spalle, in fretta,

sollevan la veletta,

divorano la preda.

C'è quella che s'informa

pensosa della scelta;

quella che toglie svelta,

né cura tinta e forma.

L'una, pur mentre inghiotte,

già pensa al dopo, al poi;

e domina i vassoi

con le pupille ghiotte.

un'altra – il dolce crebbe -

muove le disperate

bianchissime al giulebbe

dita confetturate!

Un'altra, con bell'arte,

sugge la punta estrema:

invano! ché la crema

esce dall'altra parte!

L'una, senz'abbadare

a giovine che adocchi,

divora in pace. Gli occhi

altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,

non crema e cioccolatte,

ma superliquefatte

parole del D'Annunzio.

Fra questi aromi acuti,

strani, commisti troppo

di cedro, di sciroppo,

di creme, di velluti,

di essenze parigine,

di mammole, di chiome:

oh! le signore come

ritornano bambine!

Perché non m'è concesso -

o legge inopportuna! -

il farmivi da presso,

baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte

di giovani signore,

baciarvi nel sapore

di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.

Alphonse Mucha (cliccando sull'immagine la storia di Cocotte)

COCOTTE

 

I.

Ho rivisto il giardino, il giardinetto contiguo, le palme del viale, la cancellata rozza dalla quale mi protese la mano ed il confetto…

II.

«Piccolino, che fai solo soletto?» «Sto giocando al Diluvio Universale.»

Accennai gli stromenti, le bizzarre cose che modellavo nella sabbia, ed ella si chinò come chi abbia fretta d'un bacio e fretta di ritrarre la bocca, e mi baciò di tra le sbarre come si bacia un uccellino in gabbia.

Sempre ch'io viva rivedrò l'incanto di quel suo volto tra le sbarre quadre! La nuca mi serrò con mani ladre; ed io stupivo di vedermi accanto al viso, quella bocca tanto, tanto diversa dalla bocca di mia Madre!

«Piccolino, ti piaccio che mi guardi? Sei qui pei bagni? Ed affittate là?» «Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?» Subito mi lasciò, con negli sguardi un vano sogno (ricordai più tardi) un vano sogno di maternità…

«Una cocotte!…» «Che vuol dire, mammina?» «Vuol dire una cattiva signorina: non bisogna parlare alla vicina!» Co-co-tte… La strana voce parigina dava alla mia fantasia bambina un senso buffo d'ovo e di gallina…

Pensavo deità favoleggiate: i naviganti e l'Isole Felici… Co-co-tte… le fate intese a malefici con cibi e con bevande affatturate… Fate saranno, chi sa quali fate, e in chi sa quali tenebrosi offici!

III.

Un giorno – giorni dopo – mi chiamò tra le sbarre fiorite di verbene: «O piccolino, non mi vuoi più bene!…» «è vero che tu sei una cocotte?» Perdutamente rise… E mi baciò con le pupille di tristezza piene.

IV.

Tra le gioie defunte e i disinganni, dopo vent'anni, oggi si ravviva il tuo sorriso… Dove sei, cattiva Signorina? Sei viva? Come inganni (meglio per te non essere più viva!) la discesa terribile degli anni?

Oimè! Da che non giova il tuo belletto e il cosmetico già fa mala prova l'ultimo amante disertò l'alcova… Uno, sol uno: il piccolo folletto che donasti d'un bacio e d'un confetto, dopo vent'anni, oggi ti ritrova

in sogno, e t'ama, in sogno, e dice: T'amo! Da quel mattino dell'infanzia pura forse ho amato te sola, o creatura! Forse ho amato te sola! E ti richiamo! Se leggi questi versi di richiamo ritorna a chi t'aspetta, o creatura!

Vieni! Che importa se non sei più quella che mi baciò quattrenne? Oggi t'agogno, o vestita di tempo! Oggi ho bisogno del tuo passato! Ti rifarò bella come Carlotta, come Graziella, come tutte le donne del mio sogno!

Il mio sogno è nutrito d'abbandono, di rimpianto. Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state… Vedo la case, ecco le rose del bel giardino di vent'anni or sono!

Oltre le sbarre il tuo giardino intatto fra gli eucalipti liguri si spazia… Vieni! T'accoglierà l'anima sazia. Fa ch'io riveda il tuo volto disfatto; ti bacerò; rifiorirà, nell'atto, sulla tua bocca l'ultima tua grazia.

Vieni! Sarà come se a me, per mano, tu riportassi me stesso d'allora. Il bimbo parlerà con la Signora. Risorgeremo dal tempo lontano. Vieni! Sarà come se a te, per mano, io riportassi te, giovine ancora.

F I N E

Tony Kospan

Chi desiderasse conoscere meglio 

e più "da vicino" Gozzano

(l'uomo, gli amori, villa Meleto)

e leggere altre sue poesie



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