In Italia, verso la fine degli anni Sessanta, l’affermazione di un cantante o di un gruppo vocale-strumentale passava quasi sempre per la canzone d’evasione.
I complessi, formati da un numero variabile di elementi, avevano due caratteristiche fondamentali: un cantante di ruolo, abbastanza 'bello' da piacere al pubblico femminile, e un repertorio di canzoni orecchiabili. I brani erano per lo più cover di successi inglesi o americani, con testi lontani dal significato originale e, fino all’avvento di Battisti, la loro scelta era il momento più creativo dell’intera produzione. In questo panorama "I Quelli", gruppo formato da Franz Di Cioccio, Franco Mussida, Flavio Premoli e Giorgio Piazza, rappresentavano un‘eccezione. Cantavano a turno un po’ tutti, ma il loro chiodo fisso era la cura con cui affrontavano le parti musicali e la loro esecuzione dal vivo. Scoperti ed utilizzati per questa dote dagli arrangiatori più in vista di allora, come Reverberi, Massara e Mariano, cominciarono a frequentare sempre più spesso le sale di registrazione, collaborando con artisti importanti quali Battisti, Mina, Celentano e De André. Erano chiamati perfino a registrare le basi musicali per i dischi di altri gruppi di successo. I dischi di "I Quelli" avevano un discreto successo, ma non era questo ciò che faceva parlare di loro nell’ambiente musicale, ma il fatto che, in breve tempo, furono ritenuti il quartetto più quotato e richiesto nel giro dei session-men.
Fu la loro fortuna, perché il tramonto dei complessi più noti, salvo qualche raro caso di longevità artistica come i Nomadi e i Pooh, coincise con l’inarrestabile ascesa della musica progressiva. In questo filone, poi etichettato col termine di pop music, confluivano frammenti di musica classica, jazz, musica popolare e rock. Era un bel crogiolo di idee dove si poteva dare sfogo alla più totale creatività. Il destino volle che nel momento in cui "I Quelli" sentivano l’esigenza di essere qualcosa di più che semplici accompagnatori, la comunicazione più sentita dai giovani parlasse il linguaggio degli strumenti. Questi nuovi fermenti, insieme ad una grande voglia di riscatto discografico, li spinsero a cercare una nuova identità, con sonorità al di fuori del collaudatissimo schema da loro stessi chiamato "Chitabasbatorga" (chitarra, basso, batteria e organo). Le cose iniziarono a muoversi. Durante una serata al "Paradise", un locale nei pressi di Brescia, un amico parlò loro ( divenuti, nel frattempo, discograficamente "I Krel" ma per le serate ancora "I Quelli" ) di un musicista che suonava il flauto e il violino con un piglio più rock che classico. Era l’estate del ‘69. L'incontro con Mauro Pagani, che all’ epoca suonava con "I Dalton", fu feeling al primo udito, tanto che Mauro si unì subito al gruppo. Continuavano ad esibirsi nelle balere, ma sentivano crescere in loro l’esigenza di cambiare repertorio e genere musicale, anche per integrare meglio Mauro nella formazione. Sentivano l'esigenza di nuovi stimoli e di nuovi modelli. Li trovarono nei Chicago, nei King Crimson, nei Jethro Tull, negli Excepsion e nei Flock, gruppi in cui la struttura convenzionale della canzone veniva ampliata, concedendo più spazio all’arrangiamento, al virtuosismo e all’improvvisazione. Cominciarono le prove per il nuovo repertorio con un ritmo di lavoro molto duro, quasi da naja. Con sedute di otto ore e multe salate per i ritardi, usate poi per finanziare l’acquisto di nuovi strumenti e della prima auto del gruppo, iniziò la metamorfosi.
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