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General: DOMENICA
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Rispondi  Messaggio 1 di 5 di questo argomento 
Da: ORANGE1  (Messaggio originale) Inviato: 10/05/2013 06:06

Se ne stavano sotto il grande albicocco frondoso, nel centro del pollaio, e sdraiate da un lato raspavano la terra e se la buttavano addosso, per poi rialzarsi e scrollarsela di dosso, assieme a qualche fastidioso parassita.

 

Aprì il cancellino sgangherato di assi un po’ storte e rete da letto, lo richiuse disturbando l’operazione dei pennuti, che si rialzarono e si allontanarono impauriti.

Allargò le braccia, quasi per aumentare il suo volume e li spostò in un angolo; repentinamente, fra starnazzii e voli ne afferrò uno. Lo prese per le zampe posteriori e gli palpò lo sterno. La bestiola era spaventata.

L’accarezzò sulla schiena e, sempre tenendolo per le zampe, lo lasciò cadere a testa in giù.

Con un violento strattone gli ruppe il collo; l’animale dapprima si irrigidì e poi cominciò a sbattere furiosamente le ali. La testa era piegata in un modo grottesco.

 

Piano piano il movimento delle ali si fermò, e le stesse rimasero ferme, allargate e cadenti.

La testa era violacea e dal becco semiaperto uscì liquido e qualche seme.

Prese il canestro e si avviò verso il fosso; cominciò a strappare le penne grosse delle ali e della coda, buttandole nella corrente, e le piccole e soffici le mise nel cesto: sarebbero servite per guanciali e materassi.

Dopo una ventina di minuti l’animale era pulito e sventrato, l’unico scarto furono gozzo, trachea, esofago ed il becco. Il sole del pomeriggio, complice la brezza, indispettiva il fogliame dei platani e disegnava giochi di luce ed ombre nella polvere. Nel pollaio regnava la calma.

 

Portavo i vestiti belli e non potevo di conseguenza inzaccherarmi, e sarei andato in un posto dove bisognava stare fermi ed in silenzio, spesso in piedi, ascoltando parole che non capivo. Le uniche che conoscevo dicevano che c’era sempre qualcuno con me, dovunque fossi, e che era buono e tremendo. La cosa non mi piaceva: stavo benissimo da solo, però il paventato castigo m’impauriva.

 

Andai con ‘bubà, sulla bici da uomo, seduto sul canotto ed attaccato al manubrio; la stradicciola fiancheggiava la ‘fossa’, sempre piena d’acqua limpida che nel suo lento scorrere e nei piccoli gorghi sfragliava i contorni di smeraldo delle alghe sul fondo. Le rane a loro modo intonavano canzoni d’amore e fra le giunchiglie le libellule blu sfoggiavano con eleganza la loro danza, volando fra l’umile bellezza delle campanule sul bordo alto del fosso ed i ricami di capelvenere quasi a contatto con l’acqua.

Gruppi di idrometre si muovevano sulla superfice, avanzando a piccoli scatti sulle lunghe zampette, che misteriosamente vincevano l’acqua.

Il mais era oramai alto come il grano, prossimo quest’ultimo alla maturazione, e che come un gioiello dorato incastonava piccoli rubini e topazi; una brezza disegnava il suo dolce percorso muovendo le spighe.

Il paese ci venne incontro con una strada già asfaltata costeggiata da due file di case che ferivano il verde della campagna e sfociavano nella piazza, dove i tigli ombreggiavano e rendevano omaggio alla primavera matura con il profumo dolce e intenso dei loro fiori. Dopo la messa m’aspettava l’osteria.

 

C’erano vasetti pieni di tante cose colorate, ed una era per me. Per ‘bubà un calice di bianco, chiacchiere coi suoi amici ed una sigaretta.

 

Col bel tempo si pranzava fuori, sul portichetto, dove una pergola di uva fragolina dava ombra e frescura, lasciano già intravvedere grappoli con chicchi ancora acerbi. Sul tavolo era già pronta la verdura dell’orto ed arrivò la polenta, profumata di mais tostato, ed un bottiglione di vino.

Nel tegame c’era il pollastro ripieno, già a pezzi, e fette di patate cotte nello strutto; avrei preferito ancora caramelle, ma mi fu data la coscia e un po’ di ripieno. Sapeva di aglio e formaggio.

Poki era seduto nei pressi, attento ed impaziente: gli ossi, e da parte mia, di nascosto, anche la pelle, erano per lui.

 

Mi alzai quando il bottiglione era prossimo all’agonia, e me ne andai verso il fosso: mi piaceva osservare lo scorrere dell’acqua, la sua armonia ed il suo profumo. Il sole e le brezze irridevano ancora il fogliame, disegnando fantasie di luce che l’acqua rifletteva nel primo pomeriggio.

 

Nel pollaio, sotto l’albicocco, i pollastri razzolavano nella polvere, godendo della frescura regalata dalla fronde.

 

 



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Rispondi  Messaggio 2 di 5 di questo argomento 
Da: Peterpan® Inviato: 10/05/2013 06:23
http://www.gabitogrupos.com/phallaben/template.php?nm=1367997906

Rispondi  Messaggio 3 di 5 di questo argomento 
Da: SidneyL Inviato: 10/05/2013 21:33
Davvero tu dipingi, Orange...
Che bravo 

Rispondi  Messaggio 4 di 5 di questo argomento 
Da: Claretta Inviato: 11/05/2013 01:52
quelli di Orange non sono aquarelli, sono miniature a smalto

ha una preziosità di linguaggio che ormai è rarissima da trovare, e la usa per
dare la lucentezza dello smalto alle sue miniature di vita agreste

Rispondi  Messaggio 5 di 5 di questo argomento 
Da: Peterpan® Inviato: 11/05/2013 06:47
Siano quel che siano, sono anni che lo incitiamo a raccogliere il tutto; un tantinello di editing e poi via, alle stampe. Perzio, con tutta la monnezza che gira, questi racconti sarebbero davvero perle...


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